Sarà che adesso ci indigna ma non ci stupisce più sentir parlare di mazzette pagate per vincere appalti, di tangenti versate nelle grandi opere, di ministri che raccomandano i figli a gente che sta in carcere per corruzione e chissà perché e chissà come, ha fatto il bello e il cattivo tempo nel settore delle infrastrutture governo dopo governo dopo governo, che ci sembra assurdo pensare a un tempo in cui tutto ciò poteva farci restare a bocca aperta. E invece quel tempo esiste ed era soltanto 23 anni fa, esattamente il 1992.
Tutto comincia a Milano la mattina del 17 febbraio con l’arresto di Mario Chiesa, esponente socialista e presidente del Pio Albergo Trivulzio, un centro comunale di assistenza per gli anziani, che chiede e ottiene ingenti percentuali da tutti gli imprenditori cui procura appalti, solo che arriva il momento che uno di loro, vuoi per onestà e orgoglio, vuoi perché anche allora c’è la crisi e ha finito i soldi per pagarlo, si rompe le scatole e lo denuncia. Si chiama Luca Magni e avrebbe dovuto versagli altri 7 milioni dopo i primi 7 che gli dà collegato però con tanto di microfono agli inquirenti che colgono dunque Chiesa in flagrante. Il vaso di Pandora è scoperchiato, nome dopo nome l’inchiesta denominata Mani Pulite va avanti a demolire quella rete che intreccia politica e imprenditoria e che viene chiamata Tangentopoli e i tre giudici del pool, Di Pietro, Colombo e Davigo, diventano supereroi della giustizia e della legalità da far impallidire pure Superman.
Parte da qui 1992, serie TV al via stasera su Sky Atlantic HD e su Sky Cinema HD e contemporaneamente in altri quattro paesi: Inghilterra, Germania, Irlanda e Austria, “la prima in realtà – spiega Andrea Scrosati, vice presidente per i contenuti di cinema e intrattenimento di Sky – completamente originale di Sky, non un adattamento e non una ripresa da un libro o da un film”. 10 episodi diretti da Giuseppe Gagliardi e scritti da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Nicola Lusuardi e prodotti da Wildside in collaborazione con Sky e LA7. Ad essa seguiranno, secondo notizia del giorno, altri due progetti intitolati 1993 e 1994.
L’idea di 1992 è venuta qualche anno fa a Stefano Accorsi (leggi l’intervista) che interpreta anche uno dei protagonisti, un pubblicitario senza scrupoli della Fininvest di nome Leonardo Notte che “gli anni ottanta sono finiti – dice ai dipendenti – la crisi per voi è un’opportunità”. Perché a sostenere e a legare nella storia i tanti protagonisti e coprotagonisti realmente esistiti o esistenti come Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), Gherardo Colombo (Pietro Ragusa), Piercamillo Davigo (Natalino Balasso), Umberto Bossi (Guido Buttarelli), Roberto Maroni (Peppe Voltarelli) e Marcello dell’Utri (Fabrizio Contri), sono sei personaggi in cerca non d’autore ma certo di qualcosa, completamente inventati ma ben integrati e tipici, se vogliamo, dell’epoca in questione.
Tea Falco, in questi giorni al cinema nel ruolo di Gesù ne La solita commedia di Biggio e Mandelli, è Bibi Mainaghi, figlia di un grande industriale milanese e “il mio personaggio cambia totalmente da punkabbestia a Sally Spectra” dice. Miriam Leone, l’ex Miss Italia già su Rai1 ne La dama velata, è Veronica Castello, “una puttana triste – la definisce – con il lato umano come quelle delle canzoni di De André, solo che a lei i bassifondi non piacciono e quindi frequenta i potenti e la corruzione”. Alessandro Roja, il Dandi della serie Romanzo Criminale, è Rocco Venturi, poliziotto che lavora con il giudice Di Pietro, “un po’ la sintesi – spiega – del personaggio che deve scegliere chi essere in questo momento storico fondamentale, naviga a vista nelle nebbie di ciò che poi diventa una sorta di terremoto e vive tra luci e ombre”. Domenico Diele è Luca Pastore e “faccio parte dei buoni – dice – e sono un punto fermo della serie, ho delle vicende personali piuttosto importanti che mi rende un personaggio sfaccettato”. E Guido Caprino, ex Commissario Manara ma pure in In Treatment, è Piero Bosco, un bestione reduce dall’Afghanistan che salva un leghista dall’aggressione di due albanesi per il quale “non mi sono ispirato a nessuno – rivela – se non a un bisonte, un personaggio popolare e ingombrante perché non accetta compromessi e vive una fase epica e una moderna dopo che è entrato nella Lega Nord”.
Via via incontriamo anche, con i loro veri nomi, il leader referendario Mario Segni, il leghista e sindaco di Milano Marco Formentini, Giovanni Falcone e persino Silvio Berlusconi, ma solo in vere apparizioni televisive o evocato da una voce e da un paio di scarpe in un bagno mentre parla attraverso una porta con Leonardo Notte che lo chiama Cavaliere.
Colonna sonora importante e originale firmata da Boosta, ovvero Davide Dileo, dei Subsonica che “accompagnare la storia con la musica – dice – è stato il mio personale contributo al romanzo di formazione di un’Italia giovane e vecchia allo stesso tempo”.