Non più Festival ma Festa, come del resto era nelle prime due edizioni. Parola di Antonio Monda, neo direttore dell’ex Festival, oggi appunto Festa del Cinema di Roma al via con la sua decima edizione il 16 ottobre all’Auditorium Parco della Musica, con tappe in altri luoghi della Capitale.
Troppi Festival in giro, troppe sovrapposizioni e concorrenze, per cui meglio una festa, il senso del suo discorso oggi durante la presentazione della kermesse. Via dunque concorso, giurie, madrine, cerimonie di apertura e chiusura, e via anche i premi, tranne quello assegnato dal pubblico perché sa di condivisione popolare e l’intento, capirlo è chiaro, è proprio quello. Anche per questo una delle novità è che, oltre a quelle mondiali ed europee, ci saranno anche delle anteprime italiane: l’esordiente Gabriele Mainetti con Lo chiamavano Jeeg Robot con Claudio Santamaria, il melodramma Alaska di Claudio Cupellini con Elio Germano e Marco D’Amore, e la commedia di e con Sergio Rubini Dobbiamo parlare con Fabrizio Bentivoglio e Isabella Ragonese, oltre al documentario di Gianni Amelio Registro di classe, parte prima.
Anche al red carpet è stato dato finora un’importanza troppo elevata e “i Festival sono diventati sempre più simili a sfilate di moda – dice Monda – ma i film non sono importanti per chi va sul red carpet e per i vestiti che indossa, ma per l’emozione che provocano nel buio della sala cinematografica, tutto il resto è orpello”. Così gli chiediamo: addio quindi anche al red carpet?
“No – ci risponde – il red carpet ci sarà, ma non si parte da lì. Non credo che esista un film che sia salvato dal red carpet, quante volte abbiamo visto in qualche festival dei film modesti o brutti presi perché potenzialmente c’erano tanti attori che potevano sfilare sul red carpet? Noi invece partiamo dalla qualità del film, se poi vengono ad accompagnarlo degli ospiti siamo ben contenti, ma l’importante è il film, non il red carpet”. Tra gli ospiti attesi peraltro, Jude Law, Verdone e Paola Cortellesi.
Insomma, una piccola rivoluzione segnata anche dalla battaglia tramutata in alleanza con il Festival di Londra e la sua direttrice Clare Stwart: del resto perché litigare come bambini che si contendono le figurine se si possono avere gli stessi ambiti film, alcuni prima a Londra e poi a Roma e viceversa? Qualità dunque la parola chiave, come ribadisce lo stesso Antonio Monda in conferenza stampa, illustrando due delle tre fasi della rassegna:
La terza fase è quella degli omaggi: a Pasolini, Scola, Villaggio e Francesco Rosi, Sinatra, Kubrick e Bunuel, Bergman, Hitchcock e Truffaut e ai fratelli Taviani. 37 i film nella selezione ufficiale e altri in ambiti collaterali, ecco la carrellata del direttore artistico:
Testimonial della Festa del Cinema di Roma, Virna Lisi e il suo ricordo intatto.“Due le parole chiave di questa Festa: tessitura e apertura – dice la Presidente della Fondazione Cinema per Roma Piera Detassis – la tessitura dei rapporti con le istituzioni e l’universo cinema, e l’apertura alla città dal centro alla periferia, per celebrare il cinema ma andare anche oltre l’evento, trasformandolo in una piattaforma di lancio di un nuovo progetto che non si esaurisce in nove giorni”.