Classe 1974, siciliano di Marsala ma nato a Erice, nel trapanese, Francesco Stella festeggia i suoi vent’anni di carriera attoriale sul set della seconda stagione di Solo per amore, il thriller melò di Canale 5 dove interpreta l’ispettore Paternò. Il 2015 per lui è stato un anno ricco: dopo Solo per amore lo abbiamo visto su Rai1 in Un passo dal cielo 3 con Terence Hill, con cui aveva già lavorato in Don Matteo 7, e poi di nuovo su Canale 5 in Squadra Antimafia 7. Ma nonostante sia così impegnato nel lavoro, il tempo per qualche regia e per qualche campagna sociale Francesco Stella lo trova sempre, per non parlare di quando c’è da dare una mano, magari in cambio di una zampa, ai cani abbandonati, e il suo inseparabile Foster ringrazia.
Francesco, la prima stagione di Solo per amore si è chiusa con la famiglia Ferrante riunita e una mina vagante di nome Gloria che ne minaccia la quiete, cosa accadrà nella seconda?
Come in ogni thriller che si rispetti, anche qui scopri che non tutto ciò che vedi è necessariamente quel che è, come Giordano (Kaspar Capparoni) che sembrava buono e invece viene arrestato. Il finale è su Gloria (Valentina Cervi), certo, ma anche sul memoriale che raccoglie tanti segreti legati ai personaggi della serie ed è su questo memoriale, con il quale anch’io come ispettore Paternò avrò a che fare, che si apre la seconda stagione. Ci saranno tantissimi colpi di scena e tanti personaggi nuovi che serviranno a movimentare le storie. Anche Solo per amore 2 mantiene la caratteristica di film poliziesco, ma sempre legato a grandi storie d’amore. E poi ci sono rifermenti storici che hanno a che fare con un pezzo della nostra storia degli anni settanta e ottanta in cui sono successe molte cose poco piacevoli dal punto di vista storico e politico.
Cominci quindi il nuovo anno lavorando, ma anche nel 2015 sei stato parecchio impegnato…
E sono molto contento di questo e di come mi stanno andando le cose. Considerando che il periodo che stiamo vivendo non aiuta e che le produzioni non sono tantissime rispetto a qualche anno fa, non mi posso lamentare e credo di essere molto fortunato. Vedo tanti amici e colleghi bravissimi con curricula che io personalmente invidio che versano in grandi difficoltà perché c’è poco lavoro e per me avere la fortuna di stare su un set non è cosa da poco, per cui sono molto grato alla vita.
Il tuo esordio in TV fu nel 1998 ne Il commissario Montalbano, mica male…
È stata decisamente una bella partenza e la cosa ancora più bella è stato il fatto che allora su Montalbano nessuno scommetteva un centesimo, era considerato un prodotto di nicchia, andava in onda su Rai2 e ricordo che c’era tanto entusiasmo sul set perché non c’era un grande controllo. Poi invece ebbe il suo successo, inaspettato per tutti, anche perché dietro c’era Camilleri. Come debutto è stata un’esperienza molto bella anche umanamente, abbiamo girato per quattro mesi in Sicilia, che è la mia terra, e c’era sempre un atteggiamento di gruppo che non è facile trovare nel nostro lavoro. Quindi, sai, iniziare così a ventun’anni dici “ah, che figo”, poi però ti rendi conto che non è sempre così e che le cose in realtà sono un po’ meno divertenti.
Divertente era anche il tuo personaggio, l’agente Gallo…
Del gruppo era quello un più naif, non proprio ai livelli di Catarella, ma comunque uno che si distrae per una gallina e quasi ammazza se stesso e il capo. Ecco, quella fu una delle prime scene che girammo e da lì ho capito subito com’era il mio personaggio.
Ironia e autoironia, quant’è importante a volte non prendersi troppo sul serio?
Molto. Io per fortuna ho questa capacità di prendermi in giro, fondamentale soprattutto nel nostro lavoro, e l’ironia mi salva tantissimo tenendomi ben saldo a terra. Spesso ci si dimentica che è un lavoro meraviglioso, ma non è che salviamo proprio delle vite umane, per cui ogni tanto bisognerebbe avere una dimensione un po’ più concreta di ciò che vuol dire fare l’attore. A volte chi fa il mio lavoro perde un po’ la cognizione della realtà e si dimentica che questo è un lavoro, ma poi ci sono gli amici, la famiglia, la vita, tutto un mondo che si rischia di perdere se troppo concentrati solo su quello. Ciò non toglie che abbiamo delle responsabilità.
Ed è in questa ottica che si inquadrano i tuoi impegni sociali, come lo spot per la lotta contro l’AIDS del Ministero della Salute che hai girato, tra gli altri, con Raoul Bova?
Sono cose che fai perché vanno fatte, proprio perché noi una responsabilità ce l’abbiamo. Chi fa questo mestiere in qualche maniera può condizionare la società con le proprie scelte e con quello che fa. Magari non è tanto il mio caso perché non sono famoso come Raoul Bova o altri del suo calibro, però noi attori possiamo comunque influenzare chi ci segue, quindi la responsabilità sociale c’è, eccome.
Sempre in questo senso ti occupi anche di animali e sei impegnato nella lotta contro il loro abbandono…
Collaboro molto con l’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) di Marsala, che è la mia città, e ultimamente ho curato la regia di uno spot per la loro campagna contro l’abbandono dei cani. Li conosco bene, fanno sul serio, ospitano i cani che trovano a casa propria e poi cercano di sistemarli. Io stesso ne ho preso uno che ho trovato legato a un palo e che ho chiamato Foster, scoprendo solo più tardi che significa proprio trovatello, e ho costretto i miei ad adottarne un altro. In Sicilia il randagismo è una cosa seria e quel poco che posso fare lo faccio.
Che cos’è per te Foster e come spiegare a chi non ha un cane cosa vuol dire vivere con un cane?
Dare una definizione è difficile. Io e Foster viviamo in simbiosi, sta sempre con me, dormiamo le stesse ore, lo porto sempre con me nei miei viaggi di lavoro, l’ho portato anche in Trentino quando sono andato a girare Un passo dal cielo 3 ed è diventato la mascotte della troupe. È il mio alter ego, è buffo come sono buffo io, schizzato come lo sono io, è vero che ci si trova e poi si prendono un po’ le caratteristiche l’uno dell’altro. Un cane è l’antidepressivo naturale più potente che esista, non c’è altro che possa farti uscire da certi meccanismi. Quando ti viene vicino con il suo sguardo e magari ti dà una leccatina, ti passa tutto.
Tu sei siciliano ma vivi a Roma: che rapporto hai con la tua terra?
Amo tantissimo Roma, è una città in cui sto molto bene, ma se devo pensare a un posto della mia vita, quello è in Sicilia e per questo ho sistemato una vecchia casetta di mia nonna, una nonna che mi ha cresciuto, perché nei miei programmi futuri c’è anche quello di tornare là. La Sicilia è un posto complicatissimo, nel bene e nel male, è una terra aggressiva da tutti i punti di vista, una terra che o ami o non ci puoi stare. Io a 18 anni sono letteralmente scappato, mi sentivo stretto tra le dinamiche di paese, di controllo e di chiacchiericcio, ma crescendo ho capito che non esiste un altro posto in cui io possa andare a vivere, magari non ancora, ma tra un po’ di tempo. Intanto ogni volta che mi si presenta un’occasione per andarci, la prendo al volo.
Tre giorni fa abbiamo ricordato il primo anniversario della scomparsa di Pino Daniele, tu nel 1999 girasti con lui il videoclip della canzone Che cosa penserai di me, cosa ricordi di lui e di quell’esperienza?
L’esperienza fu moto buffa perché sistemarono me e una ragazza in una macchina e ci dissero di litigare per un quarto d’ora facendo quello che ci pareva, così a me alla fine è scappato un vaffa… pensavo che lo tagliassero, invece si legge benissimo dal labiale, certo non è proprio elegante nei confronti di una signora, però fu divertente. Pino Daniele l’ho conosciuto in quell’occasione, una di quelle in cui hai a che fare con delle persone più grandi di te e non sai come hai fatto ad arrivare a lavorarci insieme. Lo ricordo con tenerezza perché stava già male ma non si arrendeva, era una persona disponibilissima e girare con lui è stata una bellissima esperienza. Purtroppo non ci siamo mai più incontrati.
Tu sei anche assistente di regia e hai diretto spot e campagne pubblicitarie, a quando la tua prima regia di un film?
Per me la regia è nata quasi per gioco grazie a un amico che aveva bisogno di una mano e da lì ho scoperto che mi piace molto. L’ho sempre portata avanti un po’ a latere del mio lavoro di attore, ho fatto un cortometraggio, ultimamente ho curato anche la regia di un evento con Fiordaliso e sono stato molto contento, io con le sue canzoni ci sono cresciuto, l’ascoltavo da ragazzino e poi improvvisamente mi sono ritrovato a lavorarci insieme, è stato fantastico e sorprendente. Poi ho fatto un bel po’ di aiuto regia nella lirica che amo tantissimo, è un altro mondo ed è molto bello. Certo non nego che mi piacerebbe dirigere un film, ma in questo periodo in cui c’è poco lavoro ci sono tanti bravi registi ed è giusto che lo facciano loro. Io mi gratifico già abbastanza con il mio mestiere di attore.
Quindi la crisi mette ognuno al proprio posto?
In realtà credo che una delle poche cose positive che questa crisi ha portato sia la creatività, nel senso che la gente non si siede più. Prima era tutto più schematico per un attore: vieni chiamato, fai il tuo lavoro, percepisci la tua paga e torni a casa, oggi nel periodo di crisi che viviamo non è più possibile. Se io ho un progetto che voglio realizzare, a un certo punto mi rimbocco le maniche, trovo due lire e lo faccio, tanto è inutile farlo leggere a un produttore, i soldi non ci sono, per cui o ti dai da fare tu o è molto difficile che veda mai la luce.
Un ruolo e un film che vorresti fare?
A me fanno fare spesso il cattivo, forse per la mia faccia un po’ segnata, considera che ad esempio in Un passo dal cielo 3 ero uno che sequestrava le donne, le faceva prostituire e vendeva i loro bambini, non direi proprio un perfetto gentiluomo… invece vorrei fare l’eroe romantico in un film in costume, che adoro peraltro, non dico Romeo perché non ho più l’età, ma un tipo del genere.
Un augurio per l’anno nuovo?
Mi piacerebbe vedere meno gente in giro che litiga perché ne vedo troppa, quindi un augurio a tutti di un 2016 un po’ più sereno