Latin Lover è il nuovo film di Cristina Comencini scritto con Giulia Calenda, al cinema da giovedì 19 marzo ma con un’anteprima evento stasera a Milano: la proiezione in diretta satellitare con molte sale in tutta Italia dall’Anteo Spazio Cinema che accoglierà la regista e gli attori del film, introdotto dal critico cinematografico Gianni Canova e preceduto alle 20 da un live musicale con l’esecuzione dal vivo della colonna sonora e con un duetto di Nadeah Miranda e Francesco Scianna in Quando quando quando di Toni Renis proprio come quello cui i due attori danno vita nel film.
Ed è anche l’ultimo film di Virna Lisi scomparsa il 18 dicembre scorso, cui va il ricordo commosso della regista che le ha dedicato il suo lavoro: “per me Virna è un’amica – dice Cristina Comencini – ho lavorato con lei in quattro film, una vita insieme di lavoro. Questo film per lei è importante soprattutto per una scena che è una delle più belle della sua carriera, quando si ubriaca e tira fuori senza angoscia tutto il retaggio di una donna di quell’età che ha fatto cinema, che si è innamorata, che ha avuto un figlia, una performance profonda e anche molto comica. Lei stava benissimo sul set e non ha mai dato alcun sentore di essere malata e poi se n’è andata all’improvviso e io ci ho pianto tanto. Ora però penso ora in un modo sereno che Virna voleva stare con il marito. Io la ricorderei con le sue risate in questo film”. “Questo mi rasserena molto – aggiunge Valeria Bruni Tedeschi – anch’io penso molto a Virna e questo film è pieno di lei che era molto vitale, potente, attrice incredibile”.
Il film pone anche a confronto il cinema di ieri e quello di oggi, il primo con i suoi miti che sembravano perfetti, idolatrati e osannati, a dispetto quasi sempre di un uomo che stava dietro e che perfetto proprio non era. È così anche oggi? “Cosa siamo in verità noi attori non lo so – dice ancora Valeria Bruni Tedeschi – io vedo l’attore come uno strumento, un pianoforte o un violino, e cerco di utilizzare il mio strumento nel modo migliore possibile. Lo vedo più come un lavoro di artigianato piuttosto che fare un mito di me stessa”.“Io sono un mito assoluto per i miei cani – dice ironica come sempre Angela Finocchiaro – che mi danno grandi soddisfazione e rimangono i miei punti di riferimento perché per loro qualunque cosa io faccia sono fantastica”.
La parola dunque al mito: “tra il mito e l’uomo fragile penso che siamo tutti fragili – spiega il latin lover Francesco Scianna – ma guardando quelli che sono i miei miti, mi sembra che spesso il grande attore abbia sempre qualche valvola svalvolata che credo sia il prezzo da pagare e bisogna lavorare per limare le proprie follie e rendersi un po’ più solidi”.
Un film corale e al femminile ricco di ironia, svolte inaspettate e colpi di scena che tanto ricorda quelli di Almodovar del quale peraltro ritroviamo due muse: Marisa Paredes che dà anima e corpo a Ramona, e Candela Pena che dà verve e passionalità a Segunda. Il cast del resto è prezioso: Susanna è Angela Finocchiaro, ansiosa quanto basta, ironica, divertente e alla fin fine pratica; Valeria Bruni Tedeschi è Stephanie, nevrotica e in perenne contatto telefonico con il suo psichiatra, felice e serena solo quando scoprirà che la felicità non è di questo mondo e tanto meno delle sue sorellastre; Pihla Viitala che fa la svedese Solveig ma in realtà è finlandese; Nadeah Miranda che è l’americana Shelley ma è australiana; Neri Marcorè che è il paziente, saggio e innamorato Walter; Claudio Gioè, giornalista in fissa con la famiglia Crispo e un debole per la sorella francese; Jordi Molla che è Alfonso; e al centro di tutto Francesco Scianna che è Saverio, lo sciupa femmine innamorato della sua controfigura. Un bluff. Un icona. Un mito. O semplicemente un uomo che faceva l’attore.
Sono dieci anni che Saverio Crispo se n’è andato. È stato un grande attore e come pochi ha attraversato le fasi più salienti del cinema e non solo italiano, passando dai film musicali dei tempi del varietà al western all’italiana, dal cinema impegnato a sfondo sociale a quello romantico francese con un blitz pure a Hollywood e in Svezia. Solo che ad ogni fase o epoca della sua strabiliante quanto lunga carriera, corrisponde una storia d’amore e, quasi sempre, una figlia che lo adora e idolatra senza in realtà averlo mai davvero conosciuto. Perché dovunque andasse a girare un film, Saverio si fermava un po’ di più del necessario, quel poco che bastava a crearsi una nuova famiglia da abbandonare.
Così ecco le sue quattro figlie riunite, almeno quelle riconosciute – ma forse ce ne sarebbe anche una quinta che sta in cucina e guarda caso si chiama Saveria – per le celebrazioni del decennale della sua morte nella grande casa del piccolo paese pugliese che gli aveva dato i natali assieme a tanto fascino e talento artistico, dove sono rimaste a vivere la prima moglie, Rita, che se lo era ripreso all’ultimo quando si era ammalato e l’aveva curato fino alla fine – del resto “voi italiane siete brave in questo” le dirà l’altra vedova, la spagnola Ramona – e la prima figlia, Susanna, ovvero la sua – prima – famiglia italiana (ma poi sarà così?). Ed è a lei, Susanna, che è toccato il compito di riunire fotografie, filmati e quant’altro e organizzare la commemorazione. Susanna sta con Walter, un montatore cinematografico che aveva lavorato con Saverio, ma non lo deve sapere nessuno,tanto meno la madre che lo odia, o almeno lei ne è convinta.
Con la figlia spagnola Segunda – ma questo suo nome è un po’ un mistero – che è sposata con Alfonso, uno che, quello sì, potrebbe essere davvero figlio del suocero mai visto, in quanto affascinante donnaiolo che non ce la fa proprio ad evitare di colpire pure in famiglia, arrivano anche i due bambini di lei e la madre Ramona già citata. Poi ecco la figlia francese Stephanie, anche lei attrice, con uno dei tre bambini avuti con altrettanti uomini diversi, e anche qui il dna non mente, e poi la più piccola che è svedese e si chiama Solveig, cui andrà l’onore di scoprire la targa in memoria del padre e pure di sfasciare il matrimonio di Segunda. Manca la quinta, Shelley, che è americana che “non si sa se riusciva a venire” continua a ripetere Susanna a chi glielo chiede e che in fondo è l’unica di cui si è davvero certi perché all’epoca della sua nascita la madre fece il test del DNA.
Partono i festeggiamenti con tanto di corteo, conferenza stampa e proiezioni ed ecco che spunta un omone che si chiama Pedro: era lo stuntman che a Saverio faceva da controfigura, e non solo. È il crollo di un mito, perché in fondo le corna vanno bene e pure disseminare pargole a destra e a manca in giro per il mondo, che poi per ironia della sorte solo femmine concepiva, ma una storia gay con un gay, questo proprio no.