Sarà certo il Papa più bello che si sia mai visto in TV e forse potrebbe riferirsi a questo Paolo Sorrentino quando parla dei “segni evidenti dell’esistenza di Dio” per descrivere i temi di The Young Pope, la sua prima serie televisiva, una grande coproduzione fra HBO e Sky, e tra Wildside e Haut et Court TV, primo ciak imminente a Roma con tappe successive in USA, Africa e Porto Rico fino ai primi mesi del 2016. Altro che Antonio Banderas, primo candidato, poi soppiantato da Rodrigo de la Serna, per il ruolo di Papa Francesco nel film di Daniele Luchetti… Il Premio Oscar per La grande bellezza, che a quanto pare di bellezza se ne intende, ha infatti scelto Jude Law (Il Talento di Mr. Ripley, Sherlock Holmes e Cold Mountain) che interpreterà, a sentire lo stesso attore britannico, un papa più rivoluzionario e innovativo di Francesco, che fuma e vuole cambiare il mondo, a cominciare dalla Chiesa.
Archiviata ormai da tempo la delusione in quel di Cannes, peraltro condivisa con Moretti e Garrone che fa meno male, ma ancora soddisfatto per il Nastro d’Argento 2015 come regista del miglior film per Youth – La Giovinezza, il cineasta napoletano vira dall’umano sentimento di malinconia nei confronti della giovinezza perduta al mistero che per molti di umano ha ben poco, quello della fede, incarnata comunque da un papa giovane. La sua prima serie TV, scritta dal regista stesso in collaborazione con Tony Grisoni, Umberto Contarello e Stefano Rulli, racconterà in 8 episodi “i segni evidenti dell’esistenza di Dio” di cui sopra, ma anche “i segni evidenti dell’assenza di Dio – aggiunge Sorrentino – come si cerca la fede e come si perde la fede, la grandezza della santità, così grande da ritenerla insopportabile” e ancora “quando si combattono le tentazioni e quando non si può fare altro che cedervi, il duello interiore tra le alte responsabilità del capo della chiesa cattolica e le miserie del semplice uomo che il destino (o lo Spirito Santo) ha voluto come Pontefice. Infine – conclude il regista – come si gestisce e si manipola quotidianamente il potere in uno stato che ha come dogma e come imperativo morale la rinuncia al potere e l’amore disinteressato verso il prossimo”.
Tutto ciò attraverso il racconto dei primi anni del pontificato di Pio XIII, al secolo Lenny Belardo, papa italo americano immaginario, ma poi neanche tanto perché a cercare un po’ in giro qualche inquietante traccia di tal Pio XIII si trova pure: per alcuni sarebbe ad esempio un certo Lucian Pulvermacher che, convinto dello zampino dell’Anticristo in Vaticano, si autoproclama papa nel 1998, tra profezie, ricorrenze sataniche e teorie fondate sulla numerologia. Certo meno lugubre è la teoria satirica di Michele Serra che in una delle sue assurde cronache lo rintraccia grazie a tal Monsignor Rapunzel, come papa certo “meno noto ma molto stimato, che denunciò il genocidio degli ebrei e scomunicò i nazifascisti”, peccato che di lui si potrà provare l’esistenza solo nel 2550 quando “saranno consultabili gli archivi segreti del Vaticano”.