Bergamasco ma vive a Roma, tanta TV – da Un medico in famiglia a Romanzo di una strage – e un po’ di cinema – anche con Ozpetek quindi poco ma buono – Giorgio Marchesi è tra i protagonisti di Tango per la libertà, la miniserie di RaiUno in onda stasera, martedì 12 gennaio, e domani in prima serata, diretta da Alberto Negrin e ispirata all’autobiografia Niente asilo politico del viceconsole italiano a Buenos Aires, Enrico Calamai, accanto ad Alessandro Preziosi, Anna Valle e Rocio Munoz Morales con la quale ha dovuto imparato a ballare il tango perché il mestiere dell’attore è anche sacrificio… Due figli di 3 e 9 anni avuti dalla compagna Simonetta Solder, anche lei attrice, presto lo vedremo anche in Braccialetti rossi 3 e di nuovo sul grande schermo diretto da Ivan Cotroneo.
Con Tango per la libertà siamo nell’Argentina degli anni Settanta, quella della dittatura e delle guerra sporca di Vileda e dei desaparecidos, è questo che racconta Tango per la libertà?
Questo e anche una storia d’amore e di amicizia, per quanto ambientate in un periodo storico particolarmente buio. Tango per la libertà racconta di come quest’uomo italiano, Ferreri, si ritrova a salvare vite umane, soprattutto quelle di italo-argentini, facendo ciò che gli dice la coscienza in un momento in cui le diplomazie, per motivi politici ed economici, non sono affatto interessate ad accusare l’Argentina di ciò che sta accadendo, peraltro difficile da comprendere. E anche della sua storia d’amore molto bella con Anna Ribeira, una cantante e ballerina di tango.
E il tuo personaggio?
Io sono Diego Madero, un amico di gioventù di Marco Ferreri, con il quale ha studiato in Italia, che poi lo raggiunge in Argentina perché anche lui viene assegnato all’ambasciata di Buenos Aires. Il film inizia infatti con loro due giovani che si divertono, poi gli eventi penderanno il sopravvento. La storia mi piace molto perché v’è anche un po’ di spionaggio: all’epoca in Argentina c’erano le spie, i doppiogiochisti, una serie di gente che in un momento come quello coglieva l’occasione, sia in senso positivo che negativo, un momento storico oggettivamente interessante.
Un modo per raggiungere quindi un grande pubblico e raccontare un po’ di storia?
Esattamente. Poi magari qualcuno, soprattutto i giovani, andrà su Internet ad approfondire anche perché quel periodo ha riguardato molto gli studenti, in realtà la più colpita è stata la generazione più giovane. Per questo io son un amante dei film storici e delle storie vere, vedendo certe fiction che ad esempio raccontavano le vite di personaggi realmente esistiti, mi è capitato spesso di andare a cercare qualcosa di più su quelle storie. Del resto informare intrattenendo è anche il compito della Rai. Poi ci sono le passioni che rendono i personaggi umani, per cui il pubblico ci si affeziona perché tutti provano la gelosia, la paura, il desiderio o la gioia.
In certi casi particolari, come nella storia raccontata in Tango per libertà, per amore si rischia anche la vita, nella vita di tutti i giorni invece si fanno sacrifici molto più piccoli ma comunque significativi. Tu cosa hai fatto per amore?
Per fare una battuta, sono andato a mangiare il sushi che assolutamente non mi piaceva, soltanto per far felice la persona che era vicina a me. Sembra una cavolata, ma mangiare del pesce crudo per me non fu semplice, non l’avrei mai fatto, ma era il suo compleanno, lei ci teneva molto, poi eravamo in un posto pazzesco sul mare… per un sorriso della persona che ami puoi fare tutto.
Era per caso Simonetta Solder, la tua compagna attuale e mamma dei tuoi due figli?
Si, era lei, un bel po’ di tempo fa.
Alla luce di questa rivelazione e delle tante fiction che hai girato sul tema, cosa pensi della famiglia?
Che il sangue rimane sempre: puoi litigare con un fratello o con un padre, ma quello resta tale tutta la vita. Poi resta una scelta non frequentarsi se non si va d’accordo, ma comunque è un legame a prescindere. Credo che il termine famiglia possa essere inteso come persone che ti stanno vicine e in questo senso può assumere anche altre forme, come una rete di amicizia che in parte può sostituirla, o come quei gruppi di attori che si scelgono e vanno avanti sempre insieme come se fossero davvero una famiglia. Non siamo esseri solitari per cui una famiglia dobbiamo averla. Ce ne sono di tanti tipi, anche se io personalmente vado molto d’accordo con la famiglia tradizionale, non solo con quella che mi sono creato, ma anche con quella di origine, pur con tutti i difetti e i problemi che possono esserci, l’affetto resta fondante.
Tornando a Tango per la libertà, Diego Madero è proprio un nome da tanghero… anche tu come Alessandro Preziosi hai dovuto prendere lezioni di tango?
Anche a me è toccato, sì… scherzo, è stato bellissimo e molto piacevole. Il tango è una cosa che non si può spiegare, io ho letto qualcosa sul tango che i miei insegnanti mi hanno suggerito, ed è stato interessante perché ne intuisci l’atmosfera, poi però ballare è un’altra cosa. Il tango è molto legato al ruolo che hanno la donna e l’uomo nella società e ognuno ha la sua responsabilità, e poi ascoltare il corpo dell’altro è importante e così tutto quello che c’è dietro, dalla semplice occhiata a una sorta di corteggiamento con i segni, e non è detto che un bravo ballerino e una brava ballerina funzionino bene insieme, deve esserci un feeling. Ho scoperto un mondo e mi sono divertito tantissimo. Poi mi ha aiutato molto Rocio che era già molto brava avendo un passato di ballerina e con me è stata deliziosa, abbiamo anche creato insieme alcune scenografie.
Quindi ti vedremo ballare con lei? Simonetta non è gelosa?
Non lo potrei dire, diciamo solo che mi vedrete ballare il tango. Comunque no, Simonetta è tranquillissima, figurati. Io invece vedendo molte donne ballare il tango con uomini che non erano i loro mariti, ho chiesto a questi ultimi se non fossero gelosi, ma loro mi hanno risposto che bisogna avere fiducia. Però io ho visto certe tangate…
Quindi se vedessi Simonetta ballare un tango appassionato con un altro?
Bella domanda, preferirei non vederla, ma se proprio la vedessi sicuramente si finirebbe a discutere, anche se poi alla fine cercherei di capire.. Lei invece è più brava di me, anche se ancora non mi ha visto ballare con Rocio, ma quello è il mio lavoro!
A primavera ti vedremo anche nel cast di una serie di enorme successo, la terza di Braccialetti rossi…
Sì ed è stata una bellissima esperienza. Ero molto curioso visto il grande successo che Braccialetti rossi ha tra i ragazzi, non avevo mai visto un entusiasmo così grande, poi Simonetta che ci aveva lavorato mi aveva raccontato un po’ di cose. Il regista Giacomo Campiotti è meravigliosamente sorprendente, difficilmente collocabile, meravigliosamente strano direi, molto particolare, ci siamo trovati molto bene insieme. Girare Braccialetti rossi è un po’ come andare senza bussola, nel senso che ha un percorso tutto suo e un suo modo di auto crearsi in scena difficile da spiegare, su quel set c’è qualcosa di unico.
E i ragazzi che impressione di hanno fatto?
Mi hanno stupito per la loro grande concentrazione e maturità, anche quelli più piccoli. Abbiamo diviso lo stesso albergo per cui ho avuto modo di conoscerli, tutti studiano, tutti hanno delle passioni che coltivano attentamente, fanno gruppo, un gruppo che è più maturo rispetto alla loro età. Di solito non suggerisco mai di far fare questo lavoro ai ragazzi giovani perché è troppo estraniante rispetto al resto del mondo, ma in questo caso no perché essendo tanti e fondamentalmente intelligenti, si stanno passando le cose migliori. Il loro è un gruppo virtuoso, senza troppa competizione, sono attenti, sensibili e anche molto consapevoli di vivere questo momento che può dargli molto ma che potrebbe non durare in eterno. Io a 16 anni neanche sapevo cosa avrei fatto di lì a due anni, loro invece sembra che abbiamo uno sguardo più in là.
Sarai un nuovo dottore…
Sì, Pietro Baratti, un cardiochirurgo che non andrà troppo d’accordo con la dottoressa Lisandri (Carlotta Natoli) e qualche paziente si innamorerà di me, di più non posso dire
Presto ti rivedremo anche al cinema in Un bacio diretto da Ivan Cotroneo, autore della serie TV Una grande famiglia che ti ha visto tra i protagonisti
Con Ivan abbiamo fatto molte cose insieme pur senza vedersi, essendo lui scrittore e io attore, ma in questo caso l’ho apprezzato molto anche come regista. Era la prima volta che venivo diretto da lui e credo che sia una fortuna avere un regista che è anche l’autore, perché sai che quello che chiede è esattamente quello che vuole. I protagonisti sono due ragazzi e una ragazza e io interpreto il padre di lei. Anche in questo caso non so quanto possa dire di più.
Un padre che ti somiglia?
Un po’ sì, ma magari essere come lui! Io soni un papà sempre da lavori in corso, sto ancora imparando. Con il secondo figlio va meglio, però fare il padre resta sempre il mestiere più difficile del mondo, per cui arranco sempre un po’, faccio delle cose e sono contento, poi ci ripenso. Si impara facendolo, anche se a volte mi è difficile mantenere la pazienza.