Fai bei sogni sono le ultime parole che sua madre gli sussurra all’orecchio, ma Massimo già dorme e non riesce a sentirle, così come non si accorge della morbidezza del gesto della giovane donna che gli sistema le coperte prima di togliersi la vestaglia, lasciarla cadere sul suo letto di bambino e scomparire per sempre dietro la porta e dalla sua vita. Fai bei sogni è il nuovo film di Marco Bellocchio ispirato al romanzo omonimo e autobiografico di Massimo Gramellini (Longanesi), che dopo aver aperto la Quinzaine a Cannes 2016, arriva in sala giovedì 10 novembre con 01, protagonista Valerio Mastandrea che da piccolo è interpretato prima dall’esordiente e bravissimo Nicolò Cabras e poi da Dario Delpero (La vita possibile), e affiancato via via nella storia da Barbara Ronchi (Miele, Grand Hotel) che è sua madre, Guido Caprino (Il Commissario Manara, 1992, I Medici) che è suo padre, Berenice Bejo (The Artist) che lo cura in tutti i sensi, e pure da Miriam Leone (Non uccidere, I Medici, In guerra per amore), Bruno Torrisi (Squadra Antmafia), Emanuelle Devos, Roberto Herlitzka, Fabrizio Gifuni, Piera Degli Esposti.
Massimo ha nove anni quando sua madre muore, lei con la quale ballava in salotto, giocava a nascondino e girava ore e ore sul tram, lei che ritagliava le foto dei cantanti e le metteva in un album, che cantava Modugno e poi d’improvviso si faceva scura in viso, e tra le cui braccia guardava la televisione: Belfagor il loro personaggio preferito, faceva paura a entrambi ma a Massimo in qualche modo lo aiuterà salvandolo dalla follia. La storia è infatti quella di un lutto mai elaborato, una scomparsa mai accettata, un abbandono mai perdonato e una solitudine difficile da colmare, quella della morte negata in tutti i modi: straziante la scena del funerale quando in lacrime e pieno di rabbia grida alla madre di uscire dalla bara che la stanno portando via, e poi a scuola non lo dice mica che è morta e i suoi amici credono che sua madre sta in America e che lui a Natale la andrà a trovare. Poi Massimo cresce, fa un sacco di domande a suo padre e a scuola, chiede di lei ma anche del mondo e di com’era prima che nascesse l’universo, diventa un giornalista affermato, ma è uguale: in tutto ciò che fa e pensa c’è quel dolore bloccato, quella favola interrotta all’improvviso e soprattutto quel perché e quel per come che non gli danno pace. La lettera di un lettore del giornale dove lavora cui deve una risposta, che odia la madre e vorrebbe ammazzarla riaccende suo malgrado un’emozione sopita e un amore incompiuto, lo libera ma non lo guarisce. La verità forse potrà farlo, e magari le sue esperienze di reporter, come quella a Sarajevo, altra città, altre morti, altri orfani. E forse un’altra donna con la quale si apre finalmente, e finalmente balla di nuovo, come faceva con sua madre e come non aveva più fatto nella vita. Un film che emoziona e che entra a scavare gli effetti della morte e dell’amore nell’antica ed eterna dicotomia tra Eros e Thanatos, così come l’impatto della verità che squarcia il cuore ma che in fondo non era poi così misteriosa e adesso basta con tutti quei “pianti sprecati”… Abbiamo incontrato regista e protagonista, ecco dunque a nostra videointervista a Marco Bellocchio e Valerio Mastandrea: