Si chiamano Marcello e Chiara, Mauro e Simona, Valeria e Attilio, Flaminia e Bruno, poi c’è il boss di quartiere Carmine, stanno tutti a Roma nella stessa borgata, anzi no, nello stessa periferia perché mai chiamarle “borgate” di fronte agli assessori, ricordarsi che sono “periferie”… e i borgatari stessi insorgono: “Borgatara ce sarà tu’ sorella” o, variante, “In borgata ce stanno li rumeni”. Il che è anche vero, in parte, ed è frutto di uno slittamento semantico… scrive lo scrittore, saggista e critico letterario modenese Water Siti nel suo romanzo del 2008 Il contagio che approda al cinema in un film diretto da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, in concorso venerdì primo settembre a Venezia 74 alle Giornate degli Autori e poi in sala da giovedì 28 settembre con Notorious Pictures con un cast di tutto rispetto, a cominciare da Anna Foglietta e Giulia Bevilacqua che ci hanno parlato dei loro ruoli in due nostre videointerviste che trovate riunite fine articolo, mentre in quello del professore c’è Vincenzo Salemme, Vinicio Marchioni è Marcello, e ancora Maurizio Tesei, Luciana De Falco, Daniele Parisi e Michele Botrugno. “Un film molto delicato e importante perché affronta il tema di mafia capitale come forse non è mai stato fatto – ci dice Anna Foglietta nella nostra videointervista – e dove io interpreto una donna estremamente depressa in una Roma contagiata da un senso di impossibilità”.
Il contagio porta dunque sul grande schermo le vite senza speranza degli abitanti di una di quelle borgate capitoline in trasformazione, o in disintegrazione, dove non c’è salvezza per nessuno perché il non fare niente perché niente si può fare per cambiare diventa inerzia che porta alla deriva uno dietro l’altro e da qui, appunto, Il contagio. E “si può essergli nemici, a questi uomini sperduti – scrive Walter Siti – ma non si può nemmeno assecondarli nella loro deriva”. Un microcosmo in via di estinzione dove si vive, o si sopravvive, di droga, sesso e criminalità, spaccio e prostituzione, con la cocaina che scorre a fiumi, ma anche di amore e di una sorta di speranza, un mondo a parte fatto di “persone costrette a viaggiare su un binario che le porta quasi sempre allo sfacelo” lo definisce Giulia Bevilacqua nella nostra videointervista. A loro, agli abitanti della borgata/periferia, si aggiunge anche un professore/scrittore di estrazione borghese che arriva da un altro mondo, alter ego dell’autore stesso, ma che ha una storia con Marcello, marito di Chiara, un ex culturista affascinante, ambiguo e cocainomane. Vizi e vizietti del resto si sprecano, ad Attilio per esempio piace guardare.Tutto ai margini della grande città al centro della quale tutto sembra più bello ed elegante, e dove crimine e illegalità si nascondono meglio, magari dietro una cooperativa sociale che apparentemente è lì per aiutare profughi, migranti e bimbi senza genitori, ma in realtà lucra e guadagna sui fondi pubblici destinati a centri di accoglienza e case famiglia. E poi ci sono i palazzinari e gli affaristi, protagonisti di quella che oggi chiamiamo mafia capitale. Quale dunque la differenza? Ecco il nostro videoincontro con Anna Foglietta e Giulia Bevilacqua: