È il 15 luglio 1997. Gianni Versace si sveglia nella sua sontuosa villa di Ocean Drive a Miami Beach, si infila una vestaglia leggera color albicocca, esce in balcone e ammira il mare e la spiaggia. Lui è laggiù, da qualche parte sul bagnasciuga, un ragazzo strano che tira fuori un libro dallo zaino, poi una pistola, si sfrega uno sfogo sulla gamba, entra in acqua e grida con rabbia, inutilmente, contro l’orizzonte. I due si incontrano poco più tardi, dopo che Gianni Versace ha mandato giù due pillole, fatto colazione a bordo piscina, si è vestito ed è uscito a fare incetta di riviste e il ragazzo ha vomitato in un bagno pubblico dove sulla porta ci sono scritte e disegnate offese contro i gay. Si incontrano là, alle 9 del mattino, davanti al cancello in ferro battuto della grande villa e mentre l’uno gira la chiave per entrare con le riviste sotto al braccio, l’altro punta l’arma e spara. Tutto ciò mentre suona l’Adagio in Sol Minore di Albinoni.
Gianni Versace veniva ammazzato davvero così da Andrew Cunanan in quell’assolata mattina estiva ed è al suo assassinio che è dedicata la nuova, seconda stagione di American Crime Story firmata Ryan Murphy dopo la prima su O.J.Simpson e prima della terza che sarà sull’uragano Katrina. L’assassinio di Gianni Versace dunque il titolo della serie, 9 episodi a raccontare a suon di flashback quanto ha già fatto il libro Vulgar Favors di Maureen Orth, a partire da venerdì 19 gennaio in prima serata su Fox Crime. Protagonista nel ruolo del celebre stilista Édgar Ramírez, Penelope Cruz, niente meno, in quello della sorella Donatella e l’italiano Giovanni Cirfiera in quello del fratello maggiore Santo, mentre Darren Criss (Glee) è Cunanan e, attenzione, Ricky Martin è il compagno di Versace, Antonio D’Amico. Anche la villa è quella vera, quella cioè costruita negli anni trenta e acquistata da Versace cinque anni prima della sua morte, oggi hotel di lusso, con tanto di piscina con mosaico in oro a 24 carati: nessuna scenografia ricostruita, Versace fu proprio lì che si svegliò e consumò la sua ultima colazione.
Per Andrew Cunanan è il quinto omicidio in pochi mesi dopo quello del suo ex amante Jeffrey Trail massacrato a martellate in testa, dell’architetto David Madson ucciso pure lui a colpi di pistola, dell’anziano costruttore Lee Miglin torturato a morte e del guardiano del cimitero William Reese ucciso per rubare l’auto che lo avrebbe portato a Miami. Una furia inspiegabile, improvvisa, inarrestabile. Da Versace il giovane serial killer era rimasto ossessionato in seguito al suo primo e unico incontro alla San Francisco Opera, dopo il quale lui lo aveva cercato tanto ma senza ricevere mai alcun cenno di risposta.
L’omofobia degli anni novanta al centro della storia de L’assassinio di Gianni Versace con annessi e connessi, ovvero con tutta l’ignoranza, l’ipocrisia e i pregiudizi sui gay. Un assassinio, quello di Gianni Versace, che secondo Ryan Murphy si sarebbe potuto evitare se la polizia fosse stata più aperta nei confronti degli omosessuali e soprattutto se le precedenti vittime di Cunanan non fossero appartenute a quella terza metà del cielo. Ne L’assassinio di Gianni Versace non si racconta lo stilista, il suo successo, le sue sfilate, non si celebra la sua griffe, piuttosto in una narrazione parallela della sua infanzia e di quella del suo stalker assassino, si racconta il contatto pericoloso e fatale tra la stella che brilla e il demone oscuro destinato a bruciare all’inferno, con la complicità dell’ottusità e del falso perbenismo di una società cui van gran parte della colpa.