Arriva al cinema l‘8 marzo, nel giorno della festa della donna e sulla scia delle polemiche sulle molestie nel mondo dello spettacolo, il nuovo film di Marco Tullio Giordana, scritto con Cristiana Mainardi, che con il suo Nome di Donna sembra quasi voler riportare l’attenzione alle vittime meno glamour, più povere di fama e probabilmente di tasca, pur non sottovalutando affatto il suo “settore” e definendo senza alcuna remora “coglioni” i suoi colleghi colpevoli, come avrete modo di sentire dalla nostra videointervista al regista milanese che pubblicheremo a breve. In Nome di donna dunque la protagonista è una donna semplice, ben interpretata da Cristiana Capotondi, sempre più donna forte della nostra televisione e del nostro cinema, che dopo aver impersonato Lucia Annibali in Io ci sono, Renata Fonte in Una donna contro tutti e ancor prima l’apparentemente fragile Isabella in 7 minuti, si cala nel ruolo di una giovane madre single di nome Nina che nonostante abbia un compagno (Stefano Scandaletti) che le offra supporto, non ha alcuna intenzione “di essere mantenuta” dice, e grazie al parroco trova un lavoro come inserviente in una casa di riposo per gente ricca che tra gli ospiti annovera niente meno che Adriana Asti… Insomma, una di quelle donne di cui si preoccupa anche Ornella Vanoni che a Sanremo ha dichiarato apertamente che delle star non gliene importa proprio niente mentre a darle pensiero sono quelle donne che “che hanno mestieri più umili negli uffici o nei supermercati che non possono dire no perché perdono il posto”. Del resto “spesso gli abusi entrano nella miseria quando il gioco è di vita o di morte” ci dice nella nostra videontervista che trovate a fine articolo Michela Cescon, personaggio chiave della vicenda raccontata in Nome di donna. Mettici anche che la struttura è gestita da un prete (Bebo Storti), braccio destro del direttore (Valerio Binasco), e che a lavorare con Nina sono tutte donne, la maggior parte delle quali straniere come Alina (Anita Kravos), e che una di loro, Sonia, se n’è andata dopo fatti sospetti (Vanessa Scalera, già Lea di Marco Tullio Giordana) e il tutto si fa più difficile e complicato quando arriva il momento di fare una scelta. Quando il laido direttore, nonostante abbia moglie e figlia (Linda Caridi, già figlia di Lea) ci prova in modo davvero viscido e violento con lei dopo averla convocata di sera nel suo ufficio che in realtà sa più di salotto, per Nina comincia l’inferno. Parlare? Tacere? Dirlo al suo compagno? Denunciare il capo? Solo una cosa non ha alcuna intenzione di fare: andarsene. Nonostante cercando sostegno nelle colleghe trovi, al contrario, solo altra violenza psicologica e isolamento. Perché a volte è così, le donne non sempre fanno cerchio, squadra, gruppo, non sempre appare loro evidente che, mai come in casi, di molestie sul posto – quanto mai necessario – di lavoro, solo l’unione può fare la forza, travolte spesso e volentieri dalla paura e dalla necessità. Nina riuscirà dunque a decidere per il meglio quando avrà qualcuna di loro dalla sua parte, e in particolare una donna forte, positiva e preparata al gioco come l’avvocatessa Tina, interpretata da Michela Cescon. Perché “la forza di una donna è spesso dettata dagli incontri che fa” ci dice Cristiana Capotondi. Ecco dunque la nostra videointervista a Cristiana Capotondi e Michela Cescon:
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