, da sempre regista attento alle donne e al loro mondo, nel suo ultimo film Nome di donna ha voluto raccontare quel lato oscuro che si nasconde in certi uomini che credono di avere così tanto potere sulle donne da ricattarle e molestarle a loro piacimento. In piena bufera Weinstein – il produttore americano accusato di molestie sessuali da oltre quaranta attrici, inclusa Asia Argento poi travolta, come sappiamo, da critiche e insulti soprattutto sui social – Giordana porta sul grande schermo una storia scritta da una donna, Cristiana Mainardi, che parla di una donna, Nina, interpretata da Cristiana Capotondi, molestata sul posto di lavoro – un posto che peraltro avrebbe dovuto essere più che sicuro – e che trova infine la forza di parlare e denunciare solo grazie al sostegno di altre donne, come l’avvocatessa interpretata da Michela Cescon, e nonostante gli attacchi di molte sue colleghe (qui la nostra videointervista a Cristiana Capotondi e Michela Cescon). Nome di donna esce in sala non a caso l’8 marzo che “non dimentichiamoci mai è una giornata di festa e di lotta – ribadisce il regista nelle nostra videointervista che trovate a fine articolo – penso che le donne quello che conquistano lo devono difendere e ribadire continuamente, è un problema culturale; immaginavamo di toccare un nervo scoperto, ma avevamo anche molti dubbi che la gente lo volesse affrontare questo problema… per così tanto tempo si è nascosta la polvere sotto il tappeto, questo film cerca di sollevare il tappeto”. Un problema che è inutile girarci intorno e che secondo Marco Tullio Giordana nulla c’entra con “la guerra dei sessi come dicono quelli che la vogliono buttare in caciara” mentre “in realtà il punto è che c’è qualcuno che ha il potere su un altro che non può rispondere liberamente o ribellarsi e rischiare il posto di lavoro, e il film racconta questo, di chi cioè si trova in una posizione di potere e crede di poterlo esercitare sugli altri senza il minimo rispetto”. Sui suoi colleghi accusati alla stregua di Weinstein e sulla stessa Asia Argento non ha dubbi: “io sono garantista – ci risponde quando gli chiediamo un’opinione personale a riguardo – ma penso anche che ci vuole del coraggio a denunciare, e quindi non credo che ci si esponga in tutta leggerezza con un’azione che può avere anche conseguenze sul piano legale: ad Asia Argento va tutta la mia solidarietà e provo un immenso imbarazzo e vergogna per come è stata trattata dai media italiani, io poi la considero una sorellina: mio padre e suo nonno combatterono insieme contro i tedeschi…” Poi conclude con un lieve senso di ottimismo: “secondo me non accadrà più perché è partita una cosa che è molto più forte del bisogno di tacitare, e quei coglioni che pensano di poter allungare le mani impunemente ci penseranno due volte, o magari lo faranno ancora ma sapendo che andranno incontro a dei rischi e spero se li prendano tutti…” La nostra videointervista a Marco Tullio Giordana:
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