Approda per la prima volta sul palcoscenico il caso delle Lolite, ovvero le baby squillo del quartiere Parioli di Roma emerso alle cronache nel 2013, adolescenti che si prostituivano in cambio di un cellulare nuovo, di una borsa griffata o di un centinaio di euro, ma dietro di loro c’erano uomini che organizzavano e altri che ne approfittavano. Lo spettacolo, scritto e diretto da Francesco Sala, con la collaborazione dell’attrice Viola Pornaro, sua compagna di vita e d’arte, si intitola appunto Lolite e dopo tre anteprime al Teatro Tor Bella Monaca, arriva martedì 13 febbraio in prima nazionale al Teatro Belli dove resterà in scena fino al 25 marzo, protagonisti Giancarlo Fares, Gilberta Crispino, Chiara Scalise, Benedetta Nicoletti e Davide D’Innocenzo. Ne abbiamo parlato con Francesco Sala.
Qual è stato il motivo per cui hai deciso di affrontare e portare in teatro un fatto di cronaca come quello delle giovanissime prostitute del quartiere Parioli di Roma?
Ci sono fatti di cronaca efferati che ci prendono, che ci colpiscono particolarmente anche a seconda del momento che viviamo. È successo con Pietro Maso, lo ricordate? Il ragazzo che sterminò la sua famiglia, poi i Ciontoli per omissione di soccorso e adesso le Lolite dei Parioli. La doppia morale dei clienti e la doppia vita delle ragazze: sei fuori in un modo e sotto sotto in un altro.
È la prima volta che il tema delle cosiddette Lolite approda sul palcoscenico… una bella soddisfazione ma anche una grande responsabilità, o sbaglio? E con quali criteri lo hai trasformato in un spettacolo teatrale?
Il punto di vista è familiare. Essere genitori oggi. Educare poi significa tirare fuori dall’altro. Dare l’esempio. Con il dialogo, la cultura dell’ascolto forse non sarebbe successo. È singolare che la Giudice Di Nicola abbia condannato i clienti delle baby prostitute a comprare per loro e a leggere testi di scrittrici sulla condizione femminile.
Essendo un fatto di cronaca, quindi vero, reale, che appartiene al nostro mondo, come ti sei preparato e documentato, e che effetto ti ha fatto conoscere quello che definisci “esercito silenzioso e sotterraneo di ragazzine”? Hai capito o hai cercato di capire perché delle adolescenti arrivino a vendersi per una borsa griffata o per un cellulare di ultima generazione? La colpa è loro, della famiglia o di quell’entità che spesso immaginiamo astratta che è “la società”, ma che invece siamo sempre noi?
Ho letto molto i giornali. Ho conosciuto la PM dell’inchiesta romana, il Magistrato della Procura di Roma dottoressa Cristiana Macchiusi che ha anche scritto un bel libro, Ragazze in vendita, proprio sull’argomento. Ho avuto accesso agli atti, Riccardo Iacona poi ha fatto sul caso dei Parioli uno splendido servizio. Poi, anzi soprattutto, ho lavorato di fantasia. Si sa che la realtà a volte supera la fantasia.
Lolite parla anche del rapporti tra genitori e figli e tu hai una figlia: ti ha mai sfiorato il timore che in futuro potesse rischiare di perdersi anche lei?
Mia figlia è grandicella ma ha dieci anni. È ancora una bambina. Anche se questa frase la ripeterò pure quando sarò vecchio. Crescono, loro “si adultizzano”, mentre le mamme di scuola sulle chat tornano adolescenti e i padri evaporano in casa, non li ascolta più nessuno. Sono il prezioso pin di un bancomat e a loro va bene così. Un delirio. Il caso delle Lolite può accadere a tutti. Non esistono genitori perfetti. Quelli del Mulino Bianco durano 35 secondi.
Qual è il pubblico ideale di Lolite e qual è stata la reazione del pubblico dell’anteprima in un quartiere, Tor Bella Monaca, distante anni luce, in tutti i sensi, da quello dei Parioli?
A Tor Bella Monaca c’è un pubblico fantastico, diverso, autentico. Ragazzi, giovani, mescolati a persone anziane. Ho visto nipoti portare i nonni a vedere Lolite. Sono una comunità in un posto dove se togli il Teatro che rimane? La slot machine. Filippo D’Alessio assieme ad Alessandro Benvenuti, che è il direttore artistico del Teatro Tor Bella Monaca, fanno un lavoro egregio.
Alla regia ha collaborato anche tua moglie Viola Pornaro, attrice… quanto è stato importante il suo contributo in quanto donna, madre e tua compagna di vita e d’arte?
Viola, moglie, collaboratrice (non domestica), ideatrice, collega, attrice, giudice severo, a volte inquirente, avvocato difensore delle mie cause (perse), mi fa vedere le cose da un altro punto di osservazione, più distante e oggettivo. E sulle persone ha un particolare fiuto, istinto. Al novanta per cento ha ragione lei, ma io mi barrico orgogliosamente nella minoranza del restante dieci.