Dimenticate le atmosfere fiabesche, per quanto cupe e crude, de Il Racconto dei Racconti uscito esattamente tre anni fa ispirato alle favole nere di Basile: in Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone appena presentato e applaudito a Cannes 2018 come secondo film italiano in concorso per la Palma d’Oro e in sala con 01 da oggi, giovedì 17 maggio, stesso giorno della presentazione alla stampa in Italia, tutto è drammaticamente reale, dalle atmosfere grigie di una periferia che tuttavia a tratti pare dipinta al fatto cruciale di cronaca supernera che risale al 18 febbraio 1988, al quale però Dogman è soltanto liberamente ispirato. E ci tiene a dirlo Matteo Garrone spiegando che quella che ha voluto raccontare è una storia di riscatto e che dal fattaccio di trent’anni fa alla Magliana ha solo preso spunto per estrapolarne un personaggio di cui raccontare il viaggio in una terra definita di frontiera. Anche la location non è quella originale: il film è stato infatti girato al Villaggio Coppola di Castel Volturno, nel casertano, luogo amato dal regista romano già usato per L’imbalsamatore e per alcune scene di Gomorra.
Il personaggio in questione è Marcello, interpretato da Marcello Fonte (La mafia uccide solo d’estate La serie, Io sono tempesta), attore calabrese che tanto ricorda nell’aspetto e nelle espressioni il giovane Carlo Delle Piane, uomo minuto e mite, titolare di un negozio che come scritto sull’insegna si chiama Dogman dove si occupa di tolettatura di cani, animali che ama moltissimo e che sa trattare con una sicurezza e una tenerezza che mai potresti immaginarlo capace di qualunque tipo di violenza. Marcello è benvoluto dalla popolazione del quertiere dove vive e lavora, anche dal titolare del bar un po’ così (Francesco Acquaroli, il Samurai di Suburra La serie) e dal proprietario del Compro Oro adiacente al suo negozio (Adamo Dionisi, il boss zingaro di Suburra), non troppo amato amato dalla moglie dalla quale è separato ma con cui ha mantenuto ottimi rapporti, tanto invece dalla figlia di nove anni Alida (Alida Baldari Calabria) con cui viaggia spesso in posti dove vale la pena fare immersioni, che sono i suoi momenti davvero felici. Certo non è un santo: spaccia un po’ di cocaina, ma la dà soltanto al suo amico Simoncino, un tizio davvero poco raccomandabile che a dispetto del nome è grande, grosso e cattivo, con la classica faccia segnata da ex pugile qual è, sotto la quale si nasconde un bravissimo Edoardo Pesce. In realtà chiamarla amicizia è una forzatura: Marcello più che altro ammira Simoncino in quanto uomo duro e forte, come lui è sicuro che non potrà mai essere, e allo stesso tempo teme la sua violenza di cui è spesso vittima, eppure ne ha bisogno, lo asseconda e lo difende, e va pure in galera al posto suo. Poi però, quando diventa troppo, la mutazione si compie. Marcello tornerà subito dopo ciò che era, tornerà a ricercare consenso e affetto dai suoi “amici”, mostrando l’efferatezza compiuta quasi come un sacrificio fatto in loro onore e in nome della pace del quartiere, ma si può tornare indietro? Non pensate tuttavia di trovarvi davanti a un horror splatter: la violenza, che comunque non manca, come sottolina lo stesso Garrone è soprattutto psicologica. E alcune scene con i cani sono davvero delicate e strappano sorrisi.
Marcello ha il suo alter ego nella realtà in Pietro De Negri, detto er Canaro della Magliana, un tolettatore per cani che un giorno perde un po’ le staffe e uccide dopo ore di torture il pugile dilettante Giancarlo Ricci. La madre di quest’ultimo, quella vera, Vincenzina Ricci, ha chiesto il ritiro dalle sale di Dogman che darebbe di suo figlio un’immagine non vera, cioè quella di un criminale cocainomane. Vedremo. Intanto Matteo Garrone annuncia che quasi sicuramente realizzerà un suo progetto cui pensa da tempo e che lo farà tornare alle favole: Pinocchio.