A volte quando si è in situazioni in cui la sofferenza, fisica o psicologica, è troppo alta, si ha la fortuna di riuscire a fuggire, se non con il corpo, con la propria mente: ci si catapulta in una vita diversa, ci si inventa, senza accorgersene, un mondo parallelo in cui va tutto bene, anzi benissimo, proprio come lo si era immaginato e desiderato, e l’appagamento e la serenità, seppur soltanto immaginaria, libera dal dolore e dalla paura di non farcela. Succede più spesso a chi è predisposto, a chi ha una mentalità che guarda oltre, che ama fantasticare, inventare storie, liberare la mente e trasferirla altrove. Come Beth, una delle due protagoniste de La Casa delle bambole Ghostland, il nuovo film horror, ma davvero horror, del francese Pascal Laugier (Martyrs, I bambini di Cold Rock), presentato in anteprima al Torino Film Festival e in arrivo nelle nostre sale giovedì 6 dicembre con Midnight Factory, l’etichetta horror di Koch Media. “Sapevo che il film doveva concentrarsi su due sorelle, una più introversa e fantasiosa, una caratteristica che è la chiave del film – racconta il regista – e l’altra che ha i piedi per terra e le mani sempre sul suo IPhone e che non capisce perché si debba perdere tempo a leggere o a scrivere. Ma essenzialmente l’idea era di descrivere la vocazione di Beth, e cioè quella di una giovane ragazza che attinge dall’orrore della sua esperienza passata l’ispirazione stessa del suo futuro lavoro, con l’idea fondamentale della trama di trattare la soggettività come una cosa normale”.
Beth e Vera (Emilia Jones e Taylor Hickson, e Crystal Marie Reed e Anastasia Philips) de La casa delle bambole sono dunque due sorelle molto diverse tra loro che si punzecchiano continuamente, che arrivano ad abitare, assieme alla madre Pauline (Mylène Farmer), in una vecchia casa lasciata loro in eredità da una zia: l’atmosfera è già di per sé tetra e a dir poco inquietante con tante bambole antiche e bruttine anzichenò, luogo ideale per due esseri altrettanto inquietanti che fanno irruzione la sera stessa del loro arrivo, manco il tempo di disfare le valigie, due pazzi fisicamente aberranti, tipo i freaks ma più cattivi, tipo l’Orco e la Strega: “volevo evidenziare proprio questo elemento grottesco, quell’immaginario da fenomeni da baraccone che ci riporta indietro alle origini del cinema – spiega ancora Pascal Laugier – ci tenevo all’idea di realizzare il mio film come se fosse una fiaba dark”. I due mostri hanno una brutta fissa: si vogliono divertire a “giocare con le bambole”, quelle vere però, cioè Beth e Vera, e il “giocare” è molto, molto violento. A nulla o quasi vale la lotta senza paura di Pauline che come una leonessa difende con coraggio e a costo della vita le sue cucciole. Una notte che segna, ovviamente, la psiche e il destino di tutte e due le ragazze, una delle quali riuscirà ad andare avanti, a liberare la mente, a diventare una scrittrice come aveva sempre voluto, mentre l’altra rimarrà incatenata al suo destino. Ma è davvero così? Il reale ne La casa delle bambole si confonde sin da subito con la fantasia e inganna lo spettatore coinvolgendolo nel gioco perverso ma in qualche modo salvifico di Beth, un effetto empatico e liberatorio che però si rivela presto pericoloso, costringendo entrambi, protagoniste e pubblico, ad affrontare l’incubo se ci si vuole salvare per davvero, e a svegliarsi, purché ci sia qualcuno che aiuti a farlo. E tutto ciò è meraviglioso, se amate tremare dalla paura e aggrapparvi ai braccioli delle poltrone della sala mordendovi le labbra… L’horror d’autore è servito.