A quanto pare quella di fare un film sui Moschettieri del Re per Giovanni Veronesi era una fissa che si portava dietro da tempo, sin dagli anni Ottanta per dirla tutta, quando aveva immaginato di chiamare a raccolta per l’occasione Francesco Nuti, Roberto Benigni, Massimo Troisi e Carlo Verdone. Il progetto, un po’ come il Paradiso, ha però dovuto attendere, ma ora eccolo sul grande schermo, da giovedì 27 dicembre con Vision Distribution: si intitola Moschettieri del Re La penultima missione e vanta quattro protagonisti che meglio non ce n’erano, perfetti per il ruolo di Moschettieri invecchiati (senza offesa), e in qualche modo deviati (senza offesa pure qua), ovvero Pierfrancesco Favino che dà vita ad un esilarante D’Artagnan finito a fare il maialaro e che chissà come e perché negli anni ha acquisito uno strano linguaggio tra i francese e il… boh… pugliese?… che fa davvero troppo ridere; Valerio Mastandrea che interpreta uno scanzonato e disincantato Porthos datosi alle droghe probabilmente per dimenticare, in particolare a una fai da te fatta col laudano, zafferano, lacrime di coccodrillo e chissà che altro; Rocco Papaleo che fa un Athos che ha scoperto tutti i misteri del sesso, o quasi, tutti i suoi colori e le sue possibili combinazioni e come poi farne a meno?; e Sergio Rubini nei lunghi panni di un Aramis che si nasconde in convento dove è diventato abate per fuggire ai debitori. Un film surreale, comico, sconcertante e molto divertente.
“È un progetto che ho portato sempre con me, perché mi è sempre piaciuta l’idea di raccontare i Moschettieri di Dumas come una sorta di supereoi del passato – spiega e conferma Giovanni Veronesi – i protagonisti hanno tutti 55-60 anni e appaiono attempati, arrugginiti, pieni di acciacchi e disillusi, ma sono costretti a tornare in sella a un cavallo e a riprendere le armi perché la loro regina Anna d’Austria li richiama a Corte per una missione segreta da intraprendere all’insaputa del perfido e mellifluo cardinale Mazzarino…” Ispirato al sequel dei Moschettieri scritto sempre da Dumas e intitolato Venti anni dopo, Moschettieri del Re racconta una storia apparentemente semplice ma in realtà complessa e delicata, vera quanto basta e soprattutto per chi deve esserla, con un colpo di scena finale che è un vero e proprio tributo alla fantasia più libera e salvifica. Allo stesso tempo come non vedere noi stessi nel tempo che passa quando guardiamo loro, che grandi lo sono stati ma che poi si sono arresi, e chissà se riusciranno ad esserlo ancora, se ce la faranno a scrollarsi la polvere e l’indolenza di dosso e tornare a rischiare e quindi a vivere, ora che sono stati chiamati dalla Regina per salvare il re e a combattere per la libertà dei perseguitati Ugonotti, perseguitati e convertiti a forza di botte dai potenti di Francia e che se potevano fuggivano per mare… E a guardare bene il tutto c’è parecchio su cui riflettere: “era un periodo in cui l’Europa era afflitta da guerre di religione – dice ancora Veronesi.– con il problema degli Ugonotti che erano un popolo all’interno della Francia che veniva torturato e sacrificato perché non era cattolico ma protestante, e scappavano sulle zattere, sui gusci di noce, i gommoni dell’epoca e andavano a schiantarsi sulle coste al di là della Manica, in Inghilterra, dove venivano accolti, insomma la metafora c’è, chi la vuole leggere la legge…”
Tanto importanti quanto gli uomini, tra i quali non possiamo dimenticare Alessandro Haber che fa Mazzarino, Lele Vannoli che è un povero servo muto cui hanno tagliato la lingua e che tutti credono non senta dolore, e Marco Todisco che interpreta un dissoluto e crudele re bambino Luigi XIV, tanto quanto loro dicevamo sono importanti le donne: la regina Anna cui piace tanto il vino cui dà vita una fantastica e ironica Margherita Buy; Matilde Gioli che è la sua ancella Olimpia piena di vita, divertente e divertita, coraggiosa e seduttiva; Giulia Bevilacqua che è Milady, cospiratrice a fianco di Mazzarino, più simile a un uccello nero che a una donna, inquietante e perennemente imperscrutabile, doppiogiochista probabilmente per facoltà innata; e Valeria Solarino, alias signora Veronesi, che è un’indomita domatrice di cavalli ma non solo… Un film che mette e trasmette allegria, nonostante i temi citati che possiamo trovarci dentro, una favola che è una speranza per tutti perchè se ce la fanno loro…, un’idea geniale per un film che meno male non s’è fatto negli anni 80 perchè, con tutto il rispetto, questi attori qua sono davvero quelli che lo dovevano fare. E allora tutto per voi il nostro decisamente informale e divertente videoincontro con regista e cast: Giovanni Veronesi, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Lele Vannoli, Margherita Buy, Matilde Gioli, Giulia Bevilacqua, Valeria Solarino e quella sagoma di Pierfrancesco Favino, purtroppo (si fa per dire) in Brasile a girare con Bellocchio…