In una notte tempestosa – chissà perchè le cose più stravaganti e straordinarie accadono sempre con gli elementi in burrasca – nasce un bambino che vola. Cioè, più che vola, se ne frega della forza di gravità e quindi senza un peso, tipo uno zaino, che lo mantenga a terra, si libra nell’aria come un palloncino scappato di mano a un bambino. Ed è proprio quello che sembra, un palloncino rosa a forma di neonato, quando, appena uscito dal grembo materno, si innalza verso il soffitto dell’ospedale legato al cordone ombelicale che la mamma tira delicatamente per riportarlo a lei. L’Uomo senza gravità di Marco Bonfanti (L’ultimo pastore), in sala dal 21 al 23 ottobre e dal primo novembre su Netflix, film in preapertura della Festa del Cinema di Roma, racconta di Oscar, questo il nome che sua madre gli dà perché “sembra un film americano” dice, e “Oscar è un nome americano importante”. Sembra essere lei l’unica ad accettarlo subito, in tutto e per tutto, mentre la nonna gli impone una vita da recluso per anni perché, cosa direbbero in paese? E allora Oscar passa la sua infanzia tappato in casa, una casa con i soffitti imbottiti che lo tiene nascosto al mondo, finché sua madre decide che basta. Oscar comincia quindi quella che dovrebbe essere per lui una vita normale, quella che fanno tutti i bambini, con la scuola e i giochi all’aria aperta, ma lui vola e non deve dirlo a nessuno. Pesi nelle tasche o zaino in spalla, questo il suo destino. Finché lui, Oscar in persona, non decide che è giunta l’ora che il mondo sappia e che lui svolazzi quanto vuole. Ma probabilmente sbaglia ad andare in televisione… Ad interpretare Oscar è Elio Germano, la mamma è Michela Cescon, la nonna Elena Cotta e l’amore della sua vita, Agata, è Silvia D’Amico.
Un film che è un inno alla leggerezza e non solo, dice il regista: “L’Uomo senza Gravità è la storia di una meravigliosa diversità, in un mondo dove qualsiasi diversità sembra essere percepita come un grande problema. La storia di Oscar, un uomo affetto da ‘leggerezza’, si propone di raccontare la difficoltà di essere puri, ingenui e leggeri (in tutti i sensi) in un mondo opaco votato alla pesantezza, alla sopraffazione, alla violenza mai esibita eppure costante e sotterranea. Il protagonista del film – continua Marco Bonfanti – inserito in un ambiente profondamente italiano, attraversa quarant’anni di vita scontrandosi con molti dei gruppi sociali universalmente conosciuti: la famiglia e il paese; la città e il mondo mediatico, delle apparenze; quello degli ultimi e quello del rapporto di coppia. E in ciascuno di essi, gli verrà impedito in ogni modo di far emergere la propria grandiosa leggerezza”. Un film poetico che spara il suo clou subito, all’inizio: la nascita di Oscar è l’immagine più bella e poetica del film che poi sembra allontanarsi da quella magia così come, del resto, cambia direzione anche la vita di Oscar. La diversità, il pregiudizio e la paura dell’opinione altrui, la difficoltà a convivere con qualcosa che nessun altro ha e la facilità di cadere in mani sbagliate a cui, ingenuamente, si affida il proprio destino. L’Uomo senza gravità racconta tutto questo. Ne abbiamo parlato con le due donne più importanti per Oscar, ecco dunque la nostra videointervista a Michela Cescon e Silvia D’Amico, e il video dove Elio Germano ci racconta de L’uomo senza gravità: