Non importa dove vederli i film, certo al cinema è meglio, ma più importante ancora è che vengano fatti, altrimenti non verranno mai visti né sul piccolo né sul grande schermo. Provate adesso a dar torto a Martin Scorsese che in conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma ha raccontato così la genesi di The Irishman, il suo ultimo film di appena tre ore e mezza dove racconta vita, morte e non certo miracoli di una nutrita rappresentanza di boss mafiosi americani e italo americani del dopoguerra. E siccome la possibilità di farglielo fare come voleva lui, finanziando gli effetti digitali del “ringiovanimento” dei suoi attori preferiti che voleva sperimentare e offrendogli piena libertà creativa, gliel’ha data Netflix, ecco che The Irishman arriva sì al cinema dal 4 novembre, ma dal 27 novembre sarà sulla piattaforma del momento. Perché tra l’altro Martin Scorsese non voleva dei giovani attori che impersonassero i protagonisti all’inizio della loro carriera, se così la vogliamo chiamare, ma voleva loro e soltanto loro, per cui, visto che ci sono, perché non usarle le strabilianti nuove tecnologie digitali? Così Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci, e pure Harvey Keitel e Bobby Cannavale – in sala anche in Jesus Rolls – sono sempre loro, in tutto l‘arco temporale che snocciola la loro storia di gangster, vista principalmente dagli occhi di Frank Sheeran, alias Robert De Niro alias The Irishman, alias l’irlandese. Storia che lentamente, molto lentamente, arriva al nocciolo della questione: la scomparsa del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa, alias Al Pacino.
Attraverso Frank Sheeran, sicario e truffatore, uomo violento e cinico per natura di cui persino sua figlia a volte ha paura – superatelo voi il trauma di vedere papà che massacra di botte e stritola una mano al negoziante che vi ha spintonato – ma capace tuttavia di mediare e manipolare e farsi apprezzare dai potenti del luogo e del momento, The Irishman ci accompagna in un viaggio in modalità epica nei meandri oscuri e perversi della criminalità organizzata e degli immancabili legami con la politica. Il film è come diviso in due parti: la prima che racconta a posteriori, per bocca dell’irlandese ormai vecchio, quanto accaduto anni prima, lo stile è quasi da documentario con voce fuori campo e tutto il resto; poi arriva la seconda parte che invece racconta le cose mentre accadono, più o meno, ed è quella che scorre di più e che si segue meglio, ma non vi azzardate a perdere un nome o un collegamento che potrebbe essere la fine. Non entriamo troppo nei dettagli, vi guasteremo la trascendentale esperienza di godervi una mezza giornata al cinema, ma vi regaliamo una parte della conferenza stampa di Martin Scorsese tenuta stamattina alla Festa del Cinema di Roma ni cui parla della genesi di The Irishman e di alcuni suoi temi particolarmente interessanti, come il tempo che passa inesorabile anche per i cattivi – che pena vedere ‘sti vecchietti in carcere, con vite e vite e vite sulla coscienza, giocare a bocce con le mani tremolanti e rattristarsi per non poter mordere il pane perchè ormai senza denti… Buona visione: