Furono circa 800 i bambini ebrei liberati dai campi di concentramento nell’aprile del 1945 alla fine della seconda guerra mondiale, tutti erano provati, sofferenti, molti vivi per miracolo, denutriti, affamati, terrorizzati, tristi, disperati, feriti nel corpo e nell’anima. L’unica cosa di cui avrebbero avuto bisogno sarebbero state le braccia di una madre o di un padre, ma molti di loro non ritrovarono più la famiglia. Erano liberi, ma soli, senza un posto dove andare. A loro è dedicata La guerra è finita, al via su Rai 1 da lunedì 13 gennaio, quattro puntate dirette da Michele Soavi (qui la nostra videointervista al regista), che sa bene di cosa parla perché la sua famiglia è stata toccata da tanto orrore, a raccontare di alcuni di loro, simbolo di tutti gli altri, che non vanno dimenticati. “Ho scritto questa storia mosso da un’emozione provata alcuni anni fa, leggendo una delle prime pagine del romanzo di Primo Levi La tregua” racconta lo sceneggiatore de La guerra è finita Sandro Petraglia, e quelle prime pagine parlano di Hurbinek, un bimbo che era con Levi nel campo di Auschwitz, “Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero – si legge ne La tregua – Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all’ultimo respiro, per conquistarsi l’entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito…” Un bimbo che morì senza proferire mai parola a marzo del 1945 “libero ma non redento”.
I giovani protagonisti de La guerra è finita invece dai campi escono vivi, più o meno, e come abbiamo avuto già modo di anticipare, vengono aiutati da due personaggi molto diversi tra loro come Davide e Giulia interpretati da Michele Riondino e Isabella Ragonese (qui le nostre videointerviste), da Ben (Valerio Binasco) e anche da un giovane avvocato (qui la nostra videointervista Andrea Bosca). E veniamo a loro, ragazzi e ragazzini disorientati e spauriti, vittime di qualcosa molto più grande di loro, che grazie a Davide e Giulia trovano rifugio in una fattoria abbandonata che prima della guerra era una scuola per i figli dei contadini del posto dove insegnava proprio la moglie di Davide. Da qui ripartiranno le loro vite interrotte dall’orrore, lentamente, non senza difficoltà, ma interagendo tra loro e sostenendosi man mano l’un l’altro, legandosi reciprocamente, in alcuni casi in modo molto forte.
Oltre a Miriam (Juju Di Domenico), al piccolo Giovanni (Augusto Grillone) cui Davide si affezionerà particolarmente vista la stessa età di suo figlio scomparso, a Ninnina col suo orribile numerino sul braccio, e ad Alisa (Anna Pini), tra loro c’è Gabriel interpretato da Federico Cesari (I Cesaroni, Skam, Non c’è campo): lui i genitori non li aveva neanche prima della guerra e dal campo di concentramento è riuscito a scappare finendo tra le braccia dei partigiani polacchi, ha uno spirito ribelle, un po’ duro, ma alla fine troverà ciò di cui ha bisogno; c’è Sara interpretata da Carolina Sala – la Vale di Pezzi Unici e prossimamente Rita Levi Montalcini da giovanissima nella nuova fiction dedicata al Nobel per la medicina – che rimasta completamente sola vuole andarsene in Palestina e lasciare il paese che le ha distrutto la vita; c’è Lila, cui dà vita Eva Soavi, figlia del regista, nella serie sorella maggiore di Alisa con cui ha un rapporto un po’ particolare dettato dalla situazione anomala in cui le due ragazzine si trovano a vivere. E c’è pure Mattia, interpretato da Carmine Buschini che Michele Soavi ha rivoluto dopo Mentre ero via, ma attenzione: lui non è un ragazzo ebreo che ha patito la vita dei campi, ma un ex giovane militante della guardia repubblicana che ha sempre creduto a ciò che la propaganda nazista aveva detto degli ebrei e che ora che la guerra è finita cerca i suoi ex commilitoni per fuggire in Argentina. Per tutti loro, in un modo o nell’altro, la guerra non è ancora finita. Le nostre videointerviste a Carmine Buschini, Federico Cesari, Carolina Sala, Eva Soavi:
Le foto al cast sono di Angelo Costanzo