Valeria Golino è la madrina d’onore della terza edizione del Cinedeaf, il Festival Internazionale del Cinema Sordo che si svolgerà al Teatro Palladium di Roma dal 5 al 7 giugno. Un riconoscimento più che meritato vista la fatica che ha fatto per imparare la Lis, la lingua dei segni, per interpretare Anna, la mamma di un ragazzo sordo, nel nuovo film di Beppe Gaudino dal titolo Per amor vostro che vedremo al cinema in autunno.
Valeria, cosa le piace del Cinedeaf?
Quello che, oltre all’impegno, dovrebbe piacere a tutti, cioè l’allegria di questa iniziativa, sarà bello per tutti esserci, come lo è per me.
Non è stato facile però imparare la lingua dei segni…
Per niente, la Lis è una lingua vera e propria, è una cultura, ci vogliono anni per poter solo dire di conoscerla, io ancora tante cose non le capisco. Però credo che ogni attore dovrebbe impararla o almeno cominciare a farlo, magari già nelle scuole di recitazione, perché è un modo per esprimere l’interiorità totalmente diverso per noi udenti, potente e drammaturgico per chi fa cinema, è un’espressività che ha una drammaturgia dentro, c’è lo sforzo della comunicazione. Per me in un certo senso è stata proprio una scuola di recitazione. Il cinema e la lingua dei segni possono essere molto amici, è una delle lingue più espressive che abbiamo, i segni diventano gesti di tutto ciò che possono provare gli esseri umani e il cinema ama il gesto e la sua espressività.
Però ha avuto una brava maestra…
Molto giovane che poteva essere mia figlia, ma Deborah Donadio è stata davvero severissima, anche se sempre allegra, con me, ci siamo molto divertite ma qualche volta ci siamo anche scontrate sui contenuti, però è così che ci siamo conosciute. Come ho conosciuto Edoardo Crò, che si chiama Edi, che interpreta mio figlio nel film di Gaudino, un ragazzo eccezionalmente bello e intelligente, è stato entusiasmante per me poter lavorare con lui.
Che genere di scontri ha avuto con Deborah ?
Su ciò che avrei dovuto fare secondo lei e su ciò che invece avrei dovuto fare secondo me, lei a volte mi diceva “secondo me lui non direbbe questo” e io rispondevo “no, tu non diresti questo”. Perché il fatto di essere sordi non vuol dire che tutti la pensiamo allo stesso modo e che bisogna essere politicamente corretti. Per me esserlo dentro un film non è un modo di fare arte, al cinema si possono dire tante cose, anche cose che possono disturbare, sia nella nostra comunità degli udenti che in quella dei sordi, non è detto che un ragazzo debba dire solo la cosa giusta, può dire anche la cosa sbagliata, altrimenti è un ghettizzarci, lei invece voleva essere sempre giusta verso la sua comunità. Io la consideravo troppo severa e lei considerava me troppo spregiudicata, quindi avevamo le discussioni giuste che bisogna sempre avere in questi casi.
Quanto è stato e quanto è importante questo film per lei?
Lo è già stato come esperienza umana e anche di artista, e spero che lo sia anche per gli altri che lo vedranno e che quindi mi dia quella soddisfazione che tutti speriamo di avere quando facciamo un film.
Ci parli del suo personaggio, Anna…
Anna è la mamma di tre adolescenti di cui uno sordo, e il suo sforzo di comunicare con lui, in tutti i sensi, nel senso più profondo della parola, si traduce poi in questa lingua che è molto sentita da lei. L’amore che ha per lui è molto ben espresso dalle cose che abbiamo scelto di “segnare”. Spero che faremo una bella figura e che la mia insegnante non si arrabbi.
Quindi può esistere un cinema senza suoni?
Certo. Il cinema è immagine, il suono è una cosa bellissima quando c’è, ma si può vedere qualcosa anche senza il suono.
Valeria Golino alla presentazione del Cinedeaf accanto a Deborah Donadio parla del Festival e del suo film e scherza con l’interprete Lis: