Una giornata può essere bella quanto vogliamo, ma viverla per tutta la vita senza neanche sapere quanto la nostra vita durerà, c’è da andare fuori di testa. Ma è proprio ciò che accade ai protagonisti di Palm Springs Vivi come se non ci fosse un domani di Max Barbakow, in particolare a Nyles che è Andy Samberg e poi anche a Sarah, interpretata da Cristin Milioti, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma 2020, e dal 22 ottobre in sala con I Wonder Pictures, commedia romantica, divertente e ironica con un q.b. di fantascienza – ma potrebbe anche trattarsi di semplice, si fa per dire, fisica quantistica – ambientata a Palm Springs, appunto, città californiana frequentata da gente ricca e famosa, un’oasi da sogno nel bel mezzo del deserto. E già il mix promette bene. Inoltre, tornando alla giornata di cui sopra: potreste immaginare un giorno peggiore in cui restare intrappolati di quello di un matrimonio che non è il vostro?
Tutto inizia, per noi ovvio, quando la mattina del 9 novembre Nyles si sveglia e trova la sua ragazza Misty che si sta spalmando la crema sulle gambe e non è un caso che lo saluti chiamandolo Marmottino, chiaro omaggio-citazione al film di Harold Ramis del 93, titolo originale Il giorno della Marmotta. Qualche ora dopo Nyles si imbatte in Sarah, sorella della sposa, che continua a bere sopraffatta dal senso di colpa. Una fuga a due tra le rocce del deserto, uno strano tipo che spara frecce, una grotta in cui scappare e tutto diventa un incubo, anche se pur sempre tra palme verdi e azzurre piscine. Ma se proprio vogliamo usare la sintesi degli stessi filmakers, ovvero Max Barbakow e lo sceneggiatore Andy Siara : “matrimoni, amore, famiglia, ex, cuori infranti, un sacco di dolore e sofferenza, un pizzico di gioia, bambini, birre, burritos, morte, guerra, violenza e infine sesso, droga e un grosso masso con un buco. La maggior parte delle vite possono essere riassunte con queste parole. Così è anche per Palm Springs”.
Con Palm Springs, forte del successo raccolto al Sundance Festival e poi nelle sale americane, si ride un bel po’ anche grazie ai dialoghi serrati e divertenti e alle strampalate avventure dei due, ma ci si fanno anche delle domande, tipo: al posto loro avremmo preferito restare a vivere in modo sempre più al limite la medesima giornata, facendo cose che mai avremmo fatto sapendo che non ci sarebbe stato un domani – come del resto recita il sottotitolo – o avremmo cercato in tutti i modi di uscirne, magari avedo imparato la lezione e vivendo quindi, sempre e comunque, come non ci fosse un domani? Ultima riflessione: e se invece di time loop dicessimo lockdown, ci sarebbe tutto un po’ più chiaro e familiare?