Su Greta Thunberg si è scritto molto e si è detto molto, ma non tutto è stato raccontato. A colmare i dettagli della sua storia è il documentario I am Greta – Una forza della natura, un lungometraggio di 90 minuti circa, dedicato al suo attivismo contro l’inquinamento del pianeta, diretto da Nathan Grossman, prodotto da Koch Media on demand a partire da sabato 14 novembre sulle piattaforme digitali Sky Primafila, Google Play, Infinity, Tim Vision, Chili, Rakuten Tv, oltre a MioCinema e IoRestoInSala.
Osannata da molti e criticata da altri di essere manipolata dalla sinistra ambientalista e dal padre che puntualmente la accompagna nel video e nella vita, Greta conferma di essere una ragazzina adolescente consapevole di avere la sindrome di Asperger che lei vive come una opportunità. È lei stessa a precisare in un’intervista al giornalista italiano, in un passaggio del documentario, che lei non “soffre della sindrome”, ma che “ha quella sindrome”. Sa bene che a questo deve la sua ostinazione, compresa quella per la battaglia a difesa dell’ambiente; arriva a pensare – ironicamente e paradossalmente – che forse sarebbe meglio che tutte le persone avessero un po’ di Asperger.
I am Greta è ricco di dettagli della sua vita privata, dal rapporto speciale che lei instaura con i suoi animali domestici – con uno scambio di sguardi fra lei e il suo cavallo estremamente toccante al pari degli abbracci con il cane – fino alle sue impuntature nei momenti in cui si rifiuta di mangiare e alla sua ossessione per il perfezionismo. Neanche una goccia di impasto deve rimanere attaccata alla paletta quando prepara il dolce con la mamma e non ammette errore di alcun genere nel suo discorso che prepara in inglese per i grandi eventi internazionali, nonostante il padre le ricordi costantemente che tanto è un discorso da leggere e quindi nessuno si accorgerebbe dell’ortografia non perfetta.
Insofferente all’ostentazione del potere e a disagio nei Palazzi ricchi e sfarzosi dei capi di Stato e di Governo e delle Organizzazioni e Istituzioni internazionali, Greta si presenta sempre nel modo in cui è: una ragazzina semplice con i capelli intrecciati, che indossa camicie, pantaloni e scarponcini.
Greta Thunberg è stata seguita dalla telecamera di I am Greta sin dall’inizio degli scioperi individuali davanti al parlamento svedese prima delle elezioni politiche del 2018, fino al viaggio nella barca a vela prestatale da Pierre Casiraghi per andare in transoceanica a New York a rimproverare i potenti del mondo per le loro “parole vuote”. Il successo le arriva senza cercarlo, semplicemente reiterando all’infinito i suoi messaggi.
Il documentario non risparmia i momenti di crisi della Greta eroina, così appellata dai suoi coetanei pronti a scendere nelle piazze di tutto il mondo a sostegno suo e della causa ambientalista. Uno di quelli più forti lo vive proprio durante la traversata in mare verso gli Stati Uniti quando, afflitta, ammette a se stessa sul suo diario vocale: “Questo è troppo, non ce la faccio da sola” per dimostrarsi pienamente in grado di superare il punto di svolta e affrontare a brutto muso e con le lacrime agli occhi un’intera platea, quella dell’Onu, di politici e governanti che hanno in mani le chiavi del Mondo.
Lasciata al racconto e all’immaginazione degli spettatori di I am Greta è invece la crisi ancora più profonda vissuta subito dopo aver approfondito, con la visione di un film a scuola, i danni causati dal surriscaldamento globale dovuto alle emissioni eccessive di anidrite carbonica. È stato uno shock che l’ha portata a un mutismo e a un digiuno per alcuni anni, dal quale è venuta fuori lentamente e che le ha dato la forza di avviare la lotta che i mass media – social e non social, digitali e tradizionali – hanno saputo raccontare.