Impermeabile grigio e mani in tasca, che altrimenti non riesce a farle stare ferme, niente cappello nonostante nessun uomo ne faccia a meno nella Napoli degli anni Trenta, ma un bel boccolo sulla fronte, quello sì. Ricco perché di nobile stirpe, dei soldi quindi non gli importa nulla, grande invece il suo senso di giustizia, e pesante il dono ereditato dalla madre, finita pure in casa di cura, che tuttavia cerca in tutti i modi di mettere a frutto nel migliore dei modi. Ecco Il Commissario Ricciardi, che dalle pagine di libri e fumetti arriva dritto in televisione, da lunedì 25 gennaio su Rai 1, interpretato da Lino Guanciale diretto da Alessandro D’Alatri. Nato dalla penna di Maurizio De Giovanni, papà anche di Mina Settembre, anche lei appena approdata sul piccolo schermo con Serena Rossi, Il Commissario Ricciardi, al secolo Luigi Alfredo, ogni volta che passa sul luogo di un delitto, ha la visione della vittima che ripete a loop il suo ultimo pensiero, il che è già inquietante di per sé, tanto più che con il mestiere che fa, omicidi e assassinii sono per lui all’ordine del giorno. Proprio per questo ha deciso di rinunciare all’amore, ma è l’amore che non rinuncia a lui, ed ecco che, arrivato a trent’anni, l’età che ha quando lo incontriamo nella serie TV, è conteso da ben due donne: Enrica (Maria Vera Ratti), la timida e dolce dirimpettaia con cui si scambia sguardi languidi dalla finestra, ma se capita di incrociarla in strada o in chiesa, entrambi abbassano lo sguardo e girando al largo; e Livia (Serena Iansiti), femme fatale conosciuta nel corso dell’indagine sulla morte di suo marito, un tenore di fama. Una lo ama e l’altra lo vuole, potremmo dire, anche se poi anche Livia verrà travolta da un sentimento più profondo. Intanto Il Commissario Ricciardi vive con la tata di sempre Rosa (Nunzia Schiano) che si occupa di lui come una mamma, al momento in cui lo conosciamo, unica donna della sua vita.
A volergli bene è anche Maione (Antonio Milo), brigadiere e suo braccio destro, un uomo buono che convive con un dolore, quello della perdita del suo figlio poliziotto ucciso in servizio, ma sa di averne altri tre cui dare la sua attenzione e il suo amore; sua moglie Lucia (Fabrizia Sacchi) invece non ci riesce bene come lui. Ed è proprio la morte del ragazzo che lega Maione a Ricciardi e lo porta a credere alle sue visioni e a seguirlo ovunque. Anche l’anatomopatologo Modo (Enrico Iannelli) ha un buon rapporto con Luigi Alfredo Ricciardi, che glielo dice sempre che se la rischia di brutto a criticare Mussolini in pubblico. Lo sopporta invece a malapena il suo capo Garzo (Mario Pirrello), legato al regime, che però si prende i suoi meriti quando risolve brillantemente un caso. A Ricciardi però la verità assoluta non preme quanto quella che fa meno male a tutti.
L’atmosfera della serie è quella giusta per riportarci agli anni del regime fascista, periodo oscuro della nostra storia, ma al tempo stesso anni pieni di fermento, anche artistico. Fa nostalgia in un momento come il nostro vedere un Teatro San Carlo gremito e in piena attività, ma tant’è, speriamo in un futuro prossimo migliore. Anche il cast è perfetto, Lino Guanciale in primis, che se anche ha deciso di chiudere con il Caludio Conforti de L’Allieva, purchè continui a regalarci interpretazioni a tutto tondo come questa del pacato e tormentato Commissario Ricciardi, ce ne faremo presto una ragione. Anche Serena Iansiti e Maria Vera Ratti, presto di nuovo insieme nella prossima stagione de I Bastardi di Pizzofalcone, sembrano interpretare ruoli cuciti su di loro, così come Antonio Milo, reduce da L’amica geniale e Natale in casa Cupiello, è sorprendente l’umanità che riesce a dare al suo brigadiere. Senza dimenticare Peppe Servillo, nei lunghi panni di un Don Pierino fissato con l’opera, e Nunzia Schiano, magnifica Tata d’altri tempi. Tocco finale, la struggente Maggio se ne va di Pino Daniele ad accompagnare l’incedere lentodel pensieroso commissario tra la nebbia dell’inverno, perchè ogni puntata è una stagione.
“È stata un’esperienza unica vivere giorno per giorno quel fascino e magnetismo grazie alla generosa interpretazione del Commissario Ricciardi da parte di Lino Guanciale – racconta Alessandro D’Alatri – spettacolo era già vederlo aggirare sul set pensieroso, elegantemente sofferente, distante dalla nostra modernità per poi ritrovarlo perfettamente a suo agio nelle ambientazioni dell’epoca. Devo però ringraziare il commissario Luigi Alfredo per avermi mostrato quanto sia importante non arrendersi mai e che sarebbe stato sufficiente fidarsi di lui e restare fedeli a se stessi davanti alle avversità. La sua flemma nella solitudine, lo sguardo attento, le poche ma risolutive parole nell’azione, nonostante i rischi, sono diventate mie linee guida. Un percorso reso ancor più gradevole dalla compagnia di una moltitudine di attori quanti i colorati personaggi generati dalla penna di Maurizio de Giovanni“. Ecco le nostre videointerviste a Lino Guanciale e a Serena Iansiti, Maria Vera Ratti e Antonio Milo: