Italia a bocca asciutta nella notte degli Oscar 2021. Niente da fare per Laura Pausini – che si è comunque esibita – candidata con Io sì come miglior canzone originale per il film La vita davanti a sé di Edoardo Ponti con Sofia Loren, portato invece a casa da H.E.R. per Fight for You in Judas and the Black Messiah di Shaka King. E niente Oscar neanche al Pinocchio di Matteo Garrone candidato per i costumi e il trucco per i quali ha vinto invece Ma Rainey’s Black Bottom di George C. Wolfe con Viola Davis.
Stravince su tutti Nomadland di Chloé Zhao, che si è aggiudicato l’Oscar 2021 come miglior film, miglior regia e per l’attrice protagonista, Frances McDormand, che ne è anche coproduttrice e che è alla sua terza statuetta, mentre come miglior attore è stato premiato Anthony Hopkins per The Father, opera prima da regista di Florian Zeller.
Nomadland grazie alla riapertura dei cinema arriva in sala giovedì 29 aprile (è bello poter scrivere di nuovo “arriva in sala”), e da venerdì 30 aprile sarà anche su Star (Disney Plus) ma “guardatelo sullo schermo più grande possibile” ha suggerito Frances McDormand nel suo discorso a fianco di due vere nomadi del film: Swankie e Linda May. “Ringraziamo tutte le mani e tutti i cuori che si sono messi insieme per fare questo film – le parole pronunciate in occasione della premiazione da Chloe Zhao, prima asiatica e seconda donna a vincere per la regia dopo Katheryn Bigelow nel 2010 con The Hurt Locker – ed esprimiamo tutta la nostra profonda gratitudine all’intera comunità nomade, a tutte le persone che abbiamo incontrato lungo la strada: grazie per averci insegnato il potere della resilienza e della speranza e per averci ricordato qual è la vera gentilezza”.
Ispirato al libro di Jessica Bruder Nomadland Un racconto d’inchiesta (Edizioni Clichy), Nomadland racconta la scelta di vita di Fern, una donna di sessantuno anni che dopo aver perso il lavoro e il marito, e aver visto praticamente scomparire la città mineraria dove viveva, carica bagagli e ricordi sul suo vecchio furgone e inizia a viaggiare tra deserti e paesi dell’America dell’Ovest – Nebraska, Dakota, Nevada, Idaho, California – vivendo di ciò che riesce a trovare, fermandosi di tanto in tanto per qualche lavoro stagionale, ad Amazon per esempio, e incontrando uomini e donne che di quel vagare hanno da sempre fatto la loro vita, molti dei quali diventeranno per lei amici, guide, mentori, a formare una nuova comunità con cui riunirsi periodicamente e di cui far comunque parte. La storia di una nomade moderna che rifiuta una vita fatta di regole, convenzioni sociali e soprattutto una società super produttiva che conta numeri e non vede gli individui, mettendo a volte a rischio la vita stessa, per un viaggio lungo, lunghissimo, infinito alla continua ricerca di qualcosa. Fern impara presto ad essere indipendente nella sua casa mobile, anche se a volte resa gelida dal freddo, ma senza dimenticare ciò che significa affezionarsi a qualcuno, amarlo, condividere con lui un racconto, un ricordo, una nuova esperienza. Come Linda May in primis, ma anche Swankie, e come Dave, interpretato da David Strathairn, con il quale è persino tentata a un certo punto di fermarsi.
“Il processo per realizzare Nomadland è stato complicato per entrambe, per me e per Chloé Zhao – ha rivelato Frances McDormand sul film – dato che da una parte c’erano interpreti non professionisti provenienti dalla comunità nomade, e dall’altra c’eravamo io e David Strathairn, ovvero due attori professionisti che interpretavano dei ruoli. Tuttavia, Chloé e Josh, il nostro direttore della fotografia, hanno trascorso del tempo con me e David e le nostre rispettive famiglie nella piccola città in cui viviamo. Chloé si è appuntata dei dettagli sulle nostre vite e sulle interazioni tra noi due come amici, ed è partita da lì per sviluppare la sua idea del rapporto tra Fern e Dave”.
Fern scopre così un modo nuovo di intendere la vita e di trascorrere gli anni che le restano, facendo tesoro e gustandosi i panorami struggenti di una natura che la cambia e la rende una persona diversa, più evoluta e amata da se stessa. Il film rende perfettamente il senso e i sentimenti del personaggio di Fern e di molte persone che lo incarnano nella realtà e non è un caso che la protagonista sia una donna, forse a sottolinearne la forza e la determinazione, la capacità di vivere liberamente e soprattutto di scegliere come farlo. Il rapporto che mostra e che si coglie tra i personaggi che si scambiano cose, emozioni, memorie, esperienze, sapienza, e pezzi di loro stessi, a volte intenerisce, come il dubbio quasi infantile che sorprende Fern e che le impone di fermarsi a pensare per decidere se restare con quell’uomo conosciuto quasi in un’altra vita. E la sua decisione sarà sua, e di nessun’altra. Nomadland si muove tutto tra poesia e realtà. Splendida la fotografia di Joshua James Richards. E anche le musiche di Ludovico Einaudi.