è Gabriele d’Annunzio, amato e odiato, controverso e celebrato, il vate, il poeta nazionale dell’era fascista. Il Cattivo Poeta di Gianluca Jodice, in sala da giovedì 20 maggio, ci porta nel 1936, alla vigilia dell’alleanza tra Mussolini e Hitler. L’Impero d’Italia sembra inarrestabile nel suo espandersi, ma per riuscire nel suo intento Mussolini vuole che il popolo sia compatto, che l’opinione pubblica sia tutta con lui, devono applaudirlo, nessuna opposizione. Ci vuole pertanto una propaganda efficace quanto falsa, ci vogliono slogan, parole che eccitino e offuschino le menti, e ci vogliono controlli, punizioni, repressioni.
Quella tra Mussolini e Gabriele D’Annunzio, definita da molti storici una cordiale inimicizia, è in realtà l’incontro/scontro tra due personalità forti e determinate, il condottiero e il poeta. Nel tempo raccontato dal film il Duce è però nel pieno del suo fulgore, mentre D’Annunzio, mai stato fascista, secondo il racconto, e contrario al nazismo tedesco, è già vecchio e preferisce starsene in disparte, ritirato nel suo grande eremo. Ma in quanto poeta internazionale, intellettuale europeo ed eroe di guerra, conserva il suo fedele seguito e gli basta parlare o buttare giù un articolo per far vacillare il regime. Ma il momento è delicato. E decisivo. Ci vuole dunque qualcuno che lo sorvegli, lo renda innocuo, insomma, che spenga la miccia prima che il fuoco raggiunga la bomba. Conosciamo dunque il più giovane federale di Italia, il bresciano Giovanni Comini, interpretato da Francesco Patanè, appena promosso, come deciso dal suo mentore Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime, che sta partendo per la sua prima missione: controllare il poeta nella sua stessa casa, il Vittoriale, il complesso di Gardone Riviera, proprio sul lago di Garda, fatto costruire dallo stesso D’Annunzio, che c’è stato anche sepolto, con tanto di teatro all’aperto, case, giardini e fiumiciattoli. Il giovane e zelante gerarca resterà tuttavia ammaliato dalla figura di Gabriele d’Annunzio e sarà molto combattuto tra il fascino di cui è vittima e il dovere e la fedeltà al partito, rischiando la sua stessa carriera.
“Il Cattivo Poeta è un film sull’inverno della vita di un poeta e di una nazione intera – spiega Gianluca Jodice – racconta l’ultimo anno di Gabriele d’Annunzio e lo fa da un punto di vista particolare, quasi come fosse una storia di spie, basato però rigorosamente su fatti storici accertati. Un biopic, un film storico ma anche un thriller. La lunghissima clausura, quasi un auto-esilio, di d’Annunzio dentro il Vittoriale volge al termine. La sua età avanzata, i suoi malanni, i suoi vizi, lo hanno portato a una depressione finale. Solo il rapporto che verrà a instaurarsi con la giovane spia mandatagli lì da Mussolini, gli procurerà l’ultimo sussulto di vitalità e lo spingerà a desiderare di contare ancora qualcosa. E come nel più classico dei noir, si fronteggiano mondi contrapposti: da una parte un luogo chiuso, isolato, come il Vittoriale, dall’altra la realtà esterna, la dimensione politica con i suoi torbidi movimenti. La grande Storia e le piccole storie. E poi il vecchio e il giovane, le due donne rivali, il Duce e il Vate. Le immagini che fin da subito mi si sono presentate davanti agli occhi avevano le tonalità degli interni del Vittoriale, colori pesanti, profondi, gialli, neri, verdi, tonalità che creano la patina del tempo, così essenziale a dare credibilità a un racconto storico. Naturalmente, ho pensato a molti film, ma cercando di non pensare mai a Il Conformista, un film troppo fatato, troppo importante, troppo inavvicinabile, vicino soltanto per l’epoca che racconta e per la scelta di raccontare il regime dall’interno (cosa di cui si sono fatti carico pochissimi film italiani fino ad oggi). Se devo pensare a riferimenti più recenti, penso sicuramente al Sokurov della trilogia del potere (Moloch, Taurus, Sun) su tre grandi potenti del Novecento: Hitler, Lenin, Hiroito, alla sua regia evocativa, al suo tocco intimo e indiscreto nell’affrontare la grande Storia. Ho cercato una regia pulita, controllata, che sapesse far parlare eventi e personaggi. Una luce scolpita, dal taglio antico, con un ritmo di montaggio che prendesse anche lui a modello la classicità dei grandi film storici. Un film a colori, ma con il rigore e l’eternità del bianco e nero…” Nel cast anche Tommaso Ragno, Lino Musella, Clotilde Courau, Fausto Russo Alesi, Massimiliano Rossi, Elena Bucci, Lidiya Liberman. Ed ecco una videosintesi dell’incontro stampa con Sergio Castellitto e Francesco Patanè: