Sono quelle cose a cui non riesci proprio a credere: un infarto a 44 anni non te lo spieghi. E non ti spieghi come sia potuto accadere a Libero De Rienzo. Io Libero lo avevo incontrato diverse volte, e non si era mai tirato indietro davanti alla mia videocamera per scambiare due battute sull’ultimo film che lo vedeva nel cast, sia nelle situazioni programmate che nel caos dei dopo conferenza stampa o durante i photocall, rispondendo sempre, e andando anche oltre, alle mie varie domande con la sua consueta ironia, quasi prendendoci tutti in giro, a me che gliele facevo e a chi avrebbe poi visto la videointervista, perché era il suo modo di fare. E spesso i suoi ruoli rispettavano questo suo essere tra il sarcastico e lo scanzonato, pronto a passare dalla battuta più surreale ed esilarante al discorso più serio, se convinto che ne valesse la pena. Come in occasione della presentazione di Cristian e Palletta contro tutti, per accennare all’”inutilità dell’esistenza e su come riderci sopra”, per poi rivelarti che “io ho un problema serio, non mi ricordo la trama e non posso parlarti del film se prima non lo vedo” o ancora della sua occasione persa, quella di “sposare una donna molto molto ricca di 47 anni più grande di me, forse avrei dovuto farlo”.
Anche la videointervista con lui, Libero De Rienzo, e Pietro Sermonti in occasione di Smetto quando voglio ad Honorem, terzo ed ultimo capitolo della saga firmata Sydney Sibilia, si è trasformata all’istante in una sorta di mini show in cui, da “si chiude una saga e si apre una sagra”, a “ci siamo aperti un chiringuito a Capocotta io e Pietro”, dalla scena di nudo e “che c’è di bello? Da non guardare e basta…” al “risorgimento cinematografico italiano” fino al “bagnasciuga che è bello, è come il mangia e bevi…”. E sulla stessa scia i nostri altri videoincontri, come per il film A Tor bella monaca non piove mai, opera prima di Marco Bocci.
Nato a Napoli nel 1977, ma a Roma da quando aveva due anni, Libero De Rienzo è sempre rimasto legato a Procida per la quale ha fatto concretamente molto, per il carcere, per il pronto soccorso, e proponendo anche l’isola come Capitale della cultura 2022. Al cinema è stato Giancarlo Siani – il giornalista ucciso a Napoli dalla camorra il il 23 settembre del 1985 – in Fortapàsc di Marco Risi; poi Bart in Santa Maradona di Marco Ponti che gli è valso un David di Donatello, Salvatore ne La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo, Rocco in Miele di Valeria Golino. E in questi giorni è su Sky in Appunti di un venditore di donne di Fabio Resinaro. Era sposato con Marcella Mosca con cui aveva due figli di 6 e 2 anni. Vi rilascio qui alcune videointerviste realizzate con lui, io me le sono già rivistte tutte… ciao Libero…