, fino che non è rimasto fulminato dalla parmigiana di melanzane della nonna. Così ha iniziato a mettere i dischi e insieme a cucinare e a raccontare storie di cucina, fino a entrare nelle case della gente alla scoperta di ricette quasi scomparse e a fare di tutto questo delle performance multimediali che da vari schermi, ad esempio, raccontano la cucina popolare che lui difende contro tutti e tutti. E quando è su un palco, usa insieme pentole e vinili, mixer e fornelli e da anni collabora con artisti come David Riondino e Paolo Fresu.
Dopo la cucina POP di Daniele Oldani, per la serie de laeffe dedicata alla cucina meno convenzionale, arriva mercoledì 17 giugno in prima serata, Daniele De Michele, in arte Don Pasta, e non è un prete, con il suo viaggio speciale alla ricerca della cucina anarchica. “L’unico luogo dove si può parlare di cucina è qui, a Napoli, e da qui partirà questo viaggio” declama. E per coincidenza nella stessa sera, mercoledì 17 giugno, se siete a Roma, potete pure ammirarlo dal vivo a Eutropia Festival nel suo spettacolo multimediale Food Sound System, che poi è anche un libro edito da Kowalski, che oramai porta in giro per il mondo da un decennio.
“Dj, un tempo economista” dice di sé, oggi il suo motto è “se hai un problema… aggiungi olio” e se non ci credete, andate su Twitter. Da un po’ ormai ci ha preso gusto, è il caso di dirlo, a raccontare la cucina popolare direttamente sul posto, “nei luoghi più reconditi, culla della cultura mediterranea” dice nel suo show su laeffe, e da lì direttamente nelle case della gente che cucina, per carpirne non solo le ricette più antiche e i segreti, ma soprattutto “l’emozione del cucinare perché – spiega Don Pasta – dietro ogni ricetta c’è una storia di vita e quella di un luogo”.
Ecco allora le budella di maiale con il sangue di maiale che “è tutta vitamina”, il ragù napoletano di Luca Cioffi che è “un capolavoro, una vera opera d’arte” con il suo “abuso d’olio” e non solo, e pure le pettole e fagioli di Cecchenella che cucina cantando, passando dai pomodorini del Piennolo di Libera La Clandestina a Somma Vesuviana che li coltiva senza innaffiarli che ci pensa la natura quando piove, che poi altrimenti messi a conservare marciscono, e incontrando personaggi come Polverino Macellaio Clandestino, Rafilina la Regina dello Stoccafisso, Tonino ‘O Stocco, La Vecchia del Vesuvio che compie riti propiziatori e vende al mercato i prodotti coltivati dal collettivo ribelle Genuino Clandestino.
Ad unirli tutti la convinzione che seppure il reddito è scarso, vale la pena cucinare, coltivare e vivere così, vale la pena perché vuoi mettere la “qualità della vita”? E poi si viene un po’ tutti da quella “tradizione di anziani che hanno sempre mangiato cibo buono e hanno sempre vissuto in un certo modo, e non hanno diabete, e non hanno niente”. Poi dicono che dai vecchi non abbiamo nulla da imparare…