In questa lunga e strana estate calda, per fortuna ci sono i film horror a regalarci un po’ di brividi. Che siano lungo la schiena o meno, a volte somigliano proprio a quelli di un cubetto di ghiaccio lasciato scivolare sulla pelle surriscaldata così da provocarci un certo piacevole tremito refrigerante. Non so decidermi se They Talk di Giorgio Bruno (Almost Dead, My little baby, Hard Night Falling), regista catanese trapiantato a Roma e innamorato dell’horror anni Ottanta, sia uno di questi film, ma di certo l’ho trovato interessante, nonostante un finale che non mi ha convinto e una sorta di lentezza che di tanto in tanto allenta un po’ troppo la tensione.
La storia è quella di Alex (Jonathan Tufvesson), un giovane tecnico del suono che nel corso della realizzazione di un documentario su eroi dimenticati, capta e registra suo malgrado voci che arrivano dall’aldilà e che con un linguaggio un po’ criptico cercano di avvisarlo di un pericolo imminente che, probabilmente, si nasconde molto vicino a lui. Il perché alcuni morti abbiano deciso di parlargli e il significato di quelle loro parole lo tormentano per tutto il film, cosa che tuttavia non lo inibisce dal concedersi alle due desiderose donne della squadra. I metodi escogitatti dal protagonista per comprendere il fenomeno, sono quelli classici di molte pellicole del genere: l’incontro con l’esperto che all’inizio non gli crede ma poi decide di salvarlo, il ritorno al tetro e inquietante orfanotrofio, ora abbandonato, in cui ha trascorso l’infanzia – che guarda caso si trova propria nella zona delle riprese – e il ritrovare una sua compagna di quegli anni, afflitta, addolorata e tormentata dalla morte del marito e non solo. Le voci che lo chiamano per nome diventano quindi via via quelle dei suoi demoni interiori che lo condurranno inevitabilmente verso la follia.
They Talk ci racconta una storia americana pur essendo girato in Italia, esattamente sulla Sila, che regista e scenografo hanno fatto di tutto per rendere made in the USA. Peccato, visto il successo e l’appetibilità di nuovi film di genere collocati nel nostro paese, soprattutto al Sud. Basta citare il terrificante Cruel Peter che ci porta in Sicilia o il recentissimo A classic horror story che sta spopolando su Netflix ed è ambientato proprio in Calabria. Anche il cast decisamente internazionale è stato scelto con lo stesso obiettivo: oltre al già citato attore svedese Jonathan Tufvesson, ci sono la francese Margaux Billard, l’inglese Sydney Rae White e il cubano Aciel Martinez Poll. E c’è anche Rocío Muñoz Morales, che è spagnola anche se vive e lavora in Italia, con la quale Bruno aveva già lavorato in passato, e che ha ritenuto perfetta per il ruolo di Amanda, visto anche il suo espresso desiderio e bisogno di virare verso altri tipi di donne da interpretare, meno leggere e solari di quelle a cui ci ha finora abituato. Tante e per lo più riconoscibili le citazioni doc, per sua stessa ammissione: “mi sono chiesto come avrei voluto raccontare They Talk, che impressione avrebbe dovuto dare al pubblico – racconta il regista – lo script era più orientato verso una storia thriller soprannaturale con qualche venatura horror, ma in generale non amo le storie che stanno a metà, quindi decisi di portare il racconto dritto nell’horror, con un’atmosfera malata che diventa sempre più angosciante man mano che la storia avanza fino a un epilogo pieno di ossessione che vuole essere un pugno nello stomaco dello spettatore. Ho voluto trovare anche lo spazio per citare alcuni dei registi che più hanno influenzato il mio percorso artistico, ad esempio Lucio Fulci a cui ho reso omaggio nella sequenza iniziale con una carrellata tra le lapidi che vuole ricordare l’inizio di Paura nella città dei morti viventi o le atmosfere nebbiose del John Carpenter di Fog e, sempre rimanendo nel cinema di Carpenter, con il trucco della suora ho voluto citare la posseduta de Il signore del male“. They Talk arriva al cinema mercoledì 28 luglio con Vision Distribution.