“Siamo la generazione del piano B, lavorare in questo paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci ad elaborare il tuo piano B. A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia, a 40 quasi sempre si tratta di un agriturismo”.
Se vi riconoscete in questa frase e avete tra i 40 e i 45 anni, questo film è per voi. Del resto, chi non ha mai pensato, soprattutto in questi anni di crisi, di andarsene e ricominciare tutto daccapo da un’altra parte? Noi e la Giulia, da giovedì 19 febbraio nelle sale, è il terzo film da regista di Edoardo Leo dopo Diciotto anni dopo e Buongiorno papà, con lo stesso Leo, Luca Argentero, Claudio Amendola, Stefano Fresi, Anna Foglietta e Carlo Buccirosso. “Il film che volevo fare e che avevo in testa – dice il regista attore – un mix delle cose che ho adorato, compresa la mia ispirazione da sempre che è Ettore Scola, che ha raccontato il paese, la guerra, i fallimenti ideologici e sociali facendoci ridere con attori straordinari”.
Si ride parecchio anche qui, ma gli argomenti sono seri. “Il film ha due macrotemi che per me era importante raccontare in chiave di commedia – spiega Leo – perché io sono un commediante. Il primo è: prova a cambiare la tua vita veramente e a fare una cosa bella se non l’hai ancora fatta per paura e perché non ne hai avuto la possibilità. Il secondo è che purtroppo quando in questo paese cerchi di farlo, non sempre ci riesci”.
Il film è tratto dal libro di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli che Leo definisce “una bella fotografia e un modo di raccontare che mi appartiene molto con questi quattro personaggi che nonostante cercassero di fare qualcosa di importante, facevano molto ridere, cinque falliti nel loro piano A che cercano di fare gli antieroi nel loro piano B”. Ma quando dopo mille peripezie riescono ad acquistare in comune un casale da trasformare in un agriturismo, ecco che arriva la camorra a chiedere il pizzo, e arriva a bordo di una Giulia verde con tanto di stereo a cassetta che si accende e spegne a suo piacere. Tra cedere ed opporsi, i nostri scelgono la “resistenza a oltranza”. Qualche messaggio?
“Non penso che il cinema debba essere didattico o dare qualche tipo di messaggio – risponde Leo – e non ne avevo nessuno da lasciare ai posteri, ma le commedie servono a raccontare un po’ ciò che ci succede, ognuno ha la sua lente. Io sono un teatrante per cui deformo, tant’è che pure il camorrista è un emarginato della camorra, praticamente un altro sfigato che si aggiunge agli altri quattro. Ma questo film avrei potuto ambientarlo in qualunque posto, in Sicilia, in Veneto, in Tentino, in Toscana, per raccontare come in un qualsiasi posto di Italia dove provi a fare un’impresa, arriva sempre qualcuno che ti dice ‘qua funziona così, sia un camorrista, un politico, un vigile urbano, e questo purtroppo è un sopruso che ci siamo narcotizzati ad accettare, loro però non lo fanno”.
O meglio non lo fa Sergio, comunista deluso che ai soprusi ha deciso di dire basta ma che ci mette un niente a minacciare Fausto che gli deve dei soldi, per poi unirsi a lui nella speranza che il suo piano B, che diventa anche il suo, funzioni per entrambi, e che ha la faccia, con l’aggiunta di barba, di Claudio Amendola: “sono diverse generazioni che parlano del loro fallimento ma con un grande sorriso sulle labbra – dice – perché un sorriso ti aiuta, tanto che per questo film abbiamo coniato la frase ‘una risata li seppellirà’. Sergio mi somiglia tantissimo, lo sono stato e lo sono ancora, pure le magliette che indossa sono le mie. Per me è stato importante fare questo personaggio e dargli quell’autoironia con la quale poi, pur nella sua serietà, si racconta. E poi mi ha fatto capire quanto mi sta bene la barba”.
Anche in questo caso Edoardo Leo si dirige da solo e in Noi e la Giulia interpreta Fausto, un imbonitore televisivo, peraltro pieno di debiti, che si definisce showman ma cerca solo di affibbiare orologi patacca ai telespettatori, e soprattutto politically scorrect e pure razzista:
“il razzismo di Fausto non è neanche radicato politicamente – spiega Leo – è più qualunquismo, uno che dice di avere tre ideali e uno non se lo ricorda fa solo ridere, uno che va avanti a luoghi comuni come “l’Italia agli italiani” che se lo metti in un posto dove si rende conto che i suoi amici sono un comunista, un camorrista e un “negro”, come lo chiama lui, va in crisi totale, un coatto di quelli nuovi che sono così, con il codino a vendere patacche, che viene portato a integrarsi e a capire che si può vivere pure con uno di colore. Più che razzismo è ignoranza e l’ignoranza fa ridere”.
A Fausto si era già unito Diego, venditore d’auto disincantato e annoiato, con un dialetto “scacciafiga” dice Luca Argentero che lo interpreta: “la mia generazione patisce questo momento storico proprio perché non riesce a lavorare – dice l’attore torinese – io sono fortunato non solo perché lavoro, ma ho anche un lavoro che mi piace”.
Con loro c’è anche Claudio (Stefano Fresi) che è riuscito a far fallire il ristorante di famiglia e pure il suo matrimonio e che sviene davanti a ogni minima rappresentazione di violenza. E poi si aggiunge Elisa, una stravagante ragazza incinta che non sa di chi, abbandonata tempo prima sull’altare dal fidanzato fuggito con sua sorella, con una grande inventiva culinaria, interpretata da Anna Foglietta al settimo (vero) mese di gravidanza, ma Leo voleva lei e ha persino riscritto il film per averla.
Il camorrista infine è Carlo Buccirosso che “arriva con brutte intenzioni – racconta – ma a mano a mano riesce a misurare il suo comportamento, ma non consiglio a nessuno di fare come loro perché i camorristi non sono tutti quanti come me”.