Il nero e il bianco. Il ferro e il marmo. L’efficienza e l’arte. La potenza e la delicatezza. È il contrasto la forza della grande esposizione d’arte nella suggestiva e originale location della Centrale Montemartini di Roma, unico impianto pubblico dove un tempo si produceva l’energia elettrica per tutta la città. Ed è così che sia al piano terra che nella sala macchine al livello superiore, le eleganti statue bianche che si stagliano sul fondo nero e lucido di vecchie turbine, creano uno spettacolo che è una vera gioia per gli occhi e anche per la mente.
Fra la via Ostiense e il Tevere, la Centrale Montemartini, fu inaugurata nel 1912 per volontà del sindaco Ernesto Nathan e l’anno dopo intitolata alla memoria dell’Assessore al Tecnologico, il professor Giovanni Montemartini, morto durante una seduta del Consiglio Comunale. Al suo interno funzionavano sia turbine a vapore che motori diesel, tutti forniti dalla ditta Franco Tosi di Legnano, le prime a garantire il servizio continuo, i secondi da attivare negli orari di picco dei consumi. La Centrale Montemartini subì negli anni varie ristrutturazioni ed ebbe la fortuna di essere risparmiata dalle bombe della guerra, così da poter funzionare subito dopo, unico impianto a farlo in tutta Roma.
Dismessa a metà degli anni Sessanta, un paio di decenni dopo fu riconvertita dall’ACEA in un Art Center che da allora utilizza la Sala Macchine e la nuova Sala Caldaie, mentre i Musei Capitolini curarono la prima mostra archeologica, non a caso intitolata Le Macchine e gli dei, un allestimento originale e di forte impatto che univa due mondi apparentemente opposti: l’archeologia e l’archeologia industriale. Dal 2001 divenne permanentemente il Museo della Centrale Montemartini, arricchendosi di nuovi spazi e reperti archeologici, alcuni mai esposti al pubblico. Nel 2016 venne aperta anche una nuova sala dove da allora sono esposte le famose carrozze del Treno di Pio IX.
In questi giorni, e fino al 15 giugno, gran parte dello spazio espositivo è occupato dai mosaici della Mostra Colori dei Romani, tutti provenienti dalle Collezioni Capitoline, a raccontare, con le loro forme e le loro cromie, pezzi di storia della città. Accanto a ogni mosaico, il contesto e il luogo di ritrovamento rappresentati con disegni, piccoli dipinti, ma anche con fotografie storiche, nonché affreschi e sculture che con essi costituivano l’arredo degli antichi edifici, il tutto a gusto dei committenti, quasi sempre ricchi signori di una società che va dal I secolo a.C. al l IV d.C.
Quattro le sezioni tematiche di Colori dei Romani: L’arte del mosaico presso i romani. La storia e la tecnica, caratterizzata da mosaici decorativi e narrativi; Vivere e abitare a Roma tra la fine dell’età repubblicana e l’età tardo-antica: le dimore di lusso e i contesti domestici, totalemente immersa nella tonalità del verde; Gli spazi del sacro: la basilica Hilariana (sede del collegio dei sacerdoti addetti al culto di Cibele e Attis); I mosaici degli edifici funerari nelle necropoli del suburbio di Roma, parte che ci accoglie con la massima di Petronio: “è assurdo che le case siano abbellite quando uno è vivo e non siano curate quelle abitazioni dove dobbiamo dimorare più a lungo…”
La mostra è a cura di Claudio Parisi Presicce, Nadia Agnoli e Serena Gugliemi. La progettazione e la direzione dei lavori di allestimento sono a cura degli architetti della Sovrintendenza Roberta De Marco e Monica Zelinotti, con la collaborazione di Maria Cucchi e Simonetta De Cubellis. La guida breve alla mostra è pubblicata da Campisano Editore. Organizzazione a cura di Zètema Progetto Cultura. Invitandovi a visitarla, abbiamo intanto fatto un giro per voi, ecco dunque il nostro videoreportage sulla Centrale Montemartini e la mostra Colori dei Romani: