Era il 1993. Non era la prima volta che vedevo i Duran Duran a Roma. Ero già stata naturalmente ai loro concerti, come quello del primo giugno del 1987 allo Stadio Flaminio che pochi giorni prima aveva ospitato gli U2 al loro debutto europeo del The Joshua Tree Tour, la notte in cui i residenti della zona chiamarono i vigili del fuoco pensando a un terremoto. Lo stesso accadde anche per loro. Nell’87 i fan – me compresa – avevano superato lo shock della loro scissione di un paio d’anni anni prima, con due Taylor, Andy e John (il mio preferito) confluiti nei Power Station e sostituiti poi per un periodo da Warren Cuccurullo, ex Missing Persons, e Le Bon, Rhodes e Roger Taylor (che rientrerà nel gruppo nel 2001) a formare gli Arcadia. A riunirli fu 007 che ai Duran Duran deve una delle colonne sonore più fighe di tutte: A view to a kill, e poi il Live Aid. Il resto è storia.
La formazione del 1993 era dunque quella composta da Simon Le Bon, John Taylor, Nic Rhodes e Warren Cuccurullo. Il concerto a Roma – il primo delle due date italiane, la seconda la sera dopo a Milano – fu il 20 febbraio al Palladium, zona Garbatella, un po’ piccolo per loro ma locale storico, come la band inglese. Erano 5 anni che non li vedevamo in Italia e ora eccoli nella Capitale in piena trasformazione, quella che molti chiamarono la nuova fase, che li aveva portati a un primo album compilation intitolato Decade, e poi a Duran Duran, come il disco d’esordio del 91 ma con l’aggiunta del sottotitolo The Wedding Album e con le foto in copertina delle nozze dei loro genitori, quello con Ordinary World e la cover dei Velvet Underground Femme fatale.
Fu un concerto un po’ insolito per loro e per il loro seguito, i pezzi eseguiti in versione acustica, senza chitarra elettrica né tastiere, loro decisamente meno glamour ma sempre e comunque bellissimi. Li abbiamo amati anche così, tanto, quasi di più. An acustic evening recitava del resto il biglietto d’ingresso al concerto organizzato dal compianto David Zard, e faceva sorridere la dicitura Ore 21 precise. Da notare anche Duranduran tutto attaccato… A chi lo aveva comprato costò 35mila lire. Fecero alcuni pezzi del nuovo disco tra cui Ordinary Worl ma non Femme Fatale, e pezzi storici rivistati, da Hungry like the wolf, Notorious, Platet Earth, The Chauffeur, fino a Rio. E pure la cover di Christal Ship dei Doors. Ci furono comunque scene di delirio, grida e lacrime e qualche svenimento.
Ma quasi ancor più bello del concerto fu l‘incontro stampa, una decina di minuti o poco più che i Duran Duran concessero a noi giornalisti prima dello show, di cui trovate l’audio integrale a fine articolo. Ero emozionata, ma ben decisa a parlare con John Taylor (il mio preferito, già detto vero?) al quale rivolsi una domanda proprio sul loro cambiamento – che potete sentire al minuto 2.58- e cioè se questa loro trasformazione o evoluzione avrebbe potuto mettere a rischio la fedeltà del pubblico femminile più giovane che tanto li aveva sostenuti e osannati nel tempo, e se questo rischio lo avessero messo in conto, alla quale lui mi rispose così: “noi non abbaimo mai scelto il nostro pubblico, non abbiamo mai chiesto di avere un pubblico di ragazzine, facciamo la nostra musica per noi stessi, a chi piace piace. Oggi abbiamo tutti trent’anni, la musica cambia, e speriamo di fare musica e di piacere anche a chi ha la nostra età e la nostra esperienza. Se poi continuerà a seguirci anche il pubblico più giovane, va benissimo. Anzi, può essere eccitante…” Buon ascolto: