Un ruolo inevitabile, pare glielo chiedessero da più di vent’anni tanto gli somigliava e tuttora, forse ancora di più, gli somiglia, ma lui per dire sì ha aspettato “un amico e un grande scrittore” che Pasolini lo ha conosciuto per davvero e ci ha pure lavorato: David Grieco. Così finalmente Massimo Ranieri è Pier Paolo Pasolini ne La macchinazione, prodotto da Propaganda Italia della “coraggiosa” la definisce il regista, Marina Marzotto, in sala dal 25 marzo grazie a Microcinema, film duro come dura di solito è la verità, quella che si prefigge di raccontare sulla morte del poeta, scrittore, drammaturgo e regista, ammazzato nella notte tra il primo e il 2 novembre 1975 in uno squallido campo di calcetto all’Idroscalo di Ostia, sul litorale romano. Pino Pelosi detto la Rana: sarebbe stato lui a uccidere Pasolini, un diciassettenne della borgata romana, vicino alla malavita nera capitolina, da solo, per difendersi da una violenza. Ma non ce l’avrebbe mai fatta, Pasolini era forte, preparato, abituato a fare a botte. E poi tante le circostanze che non quadrano in quella tesi che altro non fu, secondo Grieco – ma anche per l’avvocato Stefano Maccioni, legale del cugino di Pasolini, e per le decine di migliaia di firmatari, compreso lo stesso Ranieri, della sua petizione per una commissione di indagine parlamentare che scopra la verità vera – nient’altro fu, dunque, che una macchinazione e Grieco la racconta così: da intellettuale e uomo curioso e affamato di sincerità e giustizia, Pasolini scopre cose che riguardano quegli anni bui, la politica e i suoi legami con la criminalità organizzata, la P2 e il suo uomo più importante, Cefis, capo dell’ENI e manovratore occulto di cui aveva denunciato tutto il libro di un certo Steimetz, nome fasullo di qualcuno non ancora individuato con certezza, libro scomparso come in un lampo da ogni libreria. Così Pasolini lo incontra e gli propone di rubarne qualche stralcio per il libro che sta scrivendo lui, Petrolio, in modo da rimetterlo in circolo e magari attirando pure l’attenzione con una denuncia di plagio da parte dello stesso Steimetz. Il furto delle pizze del film Salò o le 120 giornate di Sodoma non è per soldi, ma proprio per attirare Pasolini all’Idroscalo e ucciderlo. E Pelosi viene messo in mezzo con così tanta premeditazione che con la scusa di un ruolo in un film, gli fanno imparare a memoria quella che sarebbe stata la sua confessione. Non “una cosa tra omosessuali” dunque, ma un vero e proprio delitto politico.
Nel film Roberto Citran è Steimetz, Libero De Rienzo è Antonio Pinna, l’esordiente Alessandro Sardelli è Pelosi, Milena Vukotic è la mamma di Pasolini. E Pasolini, appunto, è Massimo Ranieri, appassionato e credibile, un ruolo che lo ha coinvolto emotivamente, lui che Pasolini lo ha incontrato una sola volta e “per un lampo” ma quel suo sorriso, mentre lodava la sua voce, gli è rimasto impresso per tutta la vita, un film che dovrebbero vedere soprattutto i giovani per aprire gli occhi, ci dice Massimo Ranieri nella nostra videointervista: