chiude la trilogia dedicata a Gioia Tauro e dopo Mediterranea e A Ciambra, porta al cinema A Chiara, film vincitore dell’Europa Cinemas Label alla Quinzaine des Réalisateurs all’ultimo Festival di Cannes, che arriva in sala da giovedì 7 ottobre. Al centro la vita serena e felice di un’adolescente che si sconquassa alla scoperta che il padre, amato e idealizzato, traffichi droga per conto di un’organizzazione mafiosa. Il racconto parte lento dal diciottesimo compleanno della sorella maggiore, una festa fatta di musica e risate, e nulla fa presagire cosa sta per accadere di lì a poco. Il padre scompare e Chiara non solo scopre chi sia veramente, ma anche che la fiducia riposta nella madre e nella sorella non era assolutamente meritata: loro sapevano e sanno, tagliandola fuori da un sistema di consapevolezza che nonostante abbia solo 15 anni rivendica con forza e tenacia, fino ad ottenere la facoltà di scegliere, in piena coscienza e conoscenza.
“Gioia Tauro possiede qualcosa di molto particolare – racconta il regista italo americano – c’è questa economia sotterranea, c’è una grande povertà ignorata dallo Stato e c’è l’arrivo in massa dei migranti. Prima del 2012 nessuno o quasi ne parlava. E io vivevo con Koudous Seihon, una persona che aveva compiuto quel viaggio. La sua realtà, la sua esperienza e quella dei suoi amici sono diventati la mia realtà. Con A Ciambra e A Chiara il processo è stato identico. Non ho mai voluto fare un unico grande film che raccogliesse i tre aspetti della vita di Gioia Tauro, i migranti, i rom e la mafia. Al contrario, avevo voglia di essere il più preciso possibile, di parlare di individui e non di argomenti generici. E ovviamente, era scontato che i personaggi dei miei primi film, Ayiva di Mediterranea, e Pio e sua cugina Patatina di A Ciambra avrebbero fatto un’apparizione in questo nuovo film“. In A Chiara la giovane protagonista è interpretata dall’esordiente Swamy Rotolo, al suo fianco Claudio Rotolo, Carmela Fumo e Grecia rotolo, ovvero il padre, la madre e la sorella, quelli veri. L’autenticità di quanto accade sullo schermo si tocca con mano ed emoziona.
“Tutti gli elementi che riguardano la famiglia sono reali, ma li ho inclusi in una struttura fittizia – spiega ancora Jonas Carpignano – per questo non è stato difficile farli recitare: sono scene che hanno già vissuto. Per esempio, Swamy non ha mai avuto un confronto con il padre per parlargli delle sue attività mafiose, come nel film, ma ha già avuto dei faccia a faccia con suo padre su altri argomenti, quindi non è stato difficile per lei ispirarsi a quei momenti. A Chiara è un film sulla famiglia, sui rapporti padre-figlia, che racconta anche come le persone imparano a trovare la propria bussola morale, tra il bene e il male, e a tracciarsi un cammino per conquistare la propria libertà. Se dovessi trovare un filo rosso che unisce i miei tre film sarebbe questo“.