Sono passati 65 anni ma Cenerentola è sempre la stessa. E le accadono esattamente le stesse cose. O quasi. Era il 1950 quando, il 15 febbraio negli Stati Uniti e sette mesi dopo in Italia, uscì il dodicesimo classico animato della Walt Disney dedicato alla favola di Charles Perrault e diretto da Wilfred Jackson, Hamilton Luske e Clyde Geronimi. Stavolta sono i grandi schermi italiani ad accogliere per primi, sebbene con un solo giorno di anticipo, oggi 12 marzo 2015, il remake in live action della nuova Cenerentola sempre firmata Disney ma diretta da Kenneth Branagh ed è un po’ più sicura e determinata, in poche parole, una donna un po’ più moderna, anche se in abiti lunghi e carrozze e cavalli, ma senza tradire il senso della storia. “Una sfida meravigliosa” la definisce il regista irlandese, che ha voluto “apportare qualcosa di nuovo in qualità di regista rendendo al contempo giustizia ai momenti più iconici della fiaba” dice.
E la racconta con qualche dettaglio in più. Si chiama Ella, tanto per cominciare, e questo non l’avevamo mai saputo anche perché non ce l’aveva mai detto nessuno, e non arriva dal nulla ma da una famiglia di campagna con tanto di padre mercante e madre casalinga, anche perché a quei tempi e nelle fiabe le donne raramente hanno un’occupazione e una carriera a meno che non fai la strega o la fata di professione. Quest’ultima muore e prima di farlo raccomanda alla figlia di essere sempre gentile ma coraggiosa, perché è così che la vede Branagh, ovvero “non una vittima che si autocommisera, ma una donna matura e con un forte senso dell’umorismo, molte cose per lei sono divertenti ed è convinta che le persone non vogliano realmente essere cattive, in tutto ciò sta la sua forza”. Ad interpretarla è la ventiquattrenne inglese Lily James (Downton Abbey) che “volevo renderla più realistica che mai, ma non senza difetti o troppo perfetta altrimenti gli spettatori non si sarebbero immedesimati”.
Tornando alla storia: il padre di Ella si risposa con quella che quindi diventa la matrigna di Cenerentola, interpretata da Cate Blanchett, e che ha pure due figlie brutte e antipatiche come da tradizione: Anastasia e Genoveffa. Il resto si sa, la megera fa di Ella una serva senza peraltro alcun contratto, insomma una precaria nelle peggiori condizioni, che costringe a vivere tra stracci e cenere (da cui Cenerentola o Cinderella), ma un giorno in un raro momento di libertà nel bosco la ragazza incontra il principe che poi dà una festa e lei vuole andarci. La matrigna però cerca di impedirglielo strappandole il vestito che lei si era cucita con tanta cura. Per fortuna arriva una mendicante che in realtà è la fata madrina, una Helena Bonham Carter in boccoli biondi e con tanto di bacchetta magica: “è smemorata come l’originale – dice l’attrice britannica – magari il trucco della carrozza non prevedeva una zucca ma un cocomero e la scelta delle scarpe di cristallo è assolutamente illogica, ma se mentre balli inciampi, devi trasformare quell’inciampo in una parte del ballo”.
Anche il principe è più moderno, lo fa Richard Madden, ovvero Robb Star de Il trono di spade che “vuole fare ciò che è più giusto per il Regno – spiega – ma ha pure una sua visione delle cose. E nel modo in cui lega con Cenerentola c’è molto umorismo e un sapore moderno”.
Più che una favola un fantasy, che poi alla fine è la stessa cosa, un film a tinte forti, proprio nel senso dei colori, accesi e carichi, e movimenti da musical che a volte i personaggi sembrano danzare un po’ sospesi. Anche qui Cenerentola ama e parla con gli animali anche se loro non lo fanno come nel cartone, ma sono comunque importanti per la sua vita e anche per il buon esito della favola, come i topolini trasformati in cavalli bianchi che tirano la carrozza guidata da un’oca tramutata in cocchiere (ma non era il cane Tobia?).
I costumi sono dell’Oscar Sandy Powell, le scenografie di Dante Ferretti. Nella colonna sonora c’è pure Arisa che canta Liberi, remake italiano firmato David Poggiolini dell’originale Strong interpretata da Sonna Rele.