Film per stomaci forti Babylon di Damien Chazelle, in sala da giovedì 19 gennaio, ma, seppur consapevoli di osare, Babylon per noi è un capolavoro pazzesco. In tanti hanno raccontato, o provato a farlo, la storia del cinema, quell’universo fatto di sogni, visioni, storie, speranze, emozioni e a volte canzoni senza il quale il nostro misero mondo di terrestri razionali e poco lungimiranti sarebbe decisamente più povero. Babylon dunque racconta il cinema, ma completamente a modo suo. Se non lo sai prima, non lo capisci subito che siamo nell’era del muto, quando erano le immagini e le espressioni forzate ed esagerate a dare un senso ai film. Lo capisci dopo aver partecipato a una festa assurda, un rave all’ennessima potenza fatto di balli e sballi sfrenati, orge, gente fuori di testa che fa cose fuori di testa, droghe, elefanti e molto altro ancora. Altro che La La Land, qui siamo nel suo multiverso…
Spicca in tutto questo caotico festone una meraviglia che si chiama Margot Robbie: bella da togliere il fiato così svestita di rosso, scatenata anche, una forza della natura. Margot Robbie interpreta Nellie Laroy, una giovane attrice di provincia disposta a tutto per diventare una star, anche se, come dice lei, una star lo è già. Le qualità le ha tutte, sfacciataggine inclusa, sa persino piangere a comando e contare le lacrime da buttare fuori, peccato che non sappia tenere la bocca chiusa e i suoi modi non siano, come dire, tollerabili dalla società che conta. Ci proverà l’aspirante produttore di origini messicane Manny Torres, interpretato da Diego Calva, a farla arrivare in cima e poi a salvarla, ma soprattutto ad amarla. Entrambe imprese impossibili. Ma i due sono troppo legati dal bisogno viscerale di farcela, anche rischiando di bruciarsi.
Brad Pitt, magnifico pure lui, in Babylon è Jack Conrad, la star maschile del muto che si autodistrugge con l’arrivo del sonoro perché un conto è ammiccare e sedurre con il corpo, un altro è recitare con le parole e con la voce, e lui non reggerà il colpo. E poi c’è Sidney Palmer che è Jovan Adepo, un trombettista nero, ma non abbastanza da non doversi truccare per girare un film musicale, bistrattato dagli altri musicisti del suo gruppo che avrà la sua grande e meritata rivincita. E che dire di un Tobey Maguire, il caro e buon Spider Man nell’immaginario di tutti, qui nel ruolo del sadico e, permetteteci, schifoso boss che si diverte a portare i suoi amici all’inferno, e pensare che di amici non ne ha.
Non manca neanche la guru del gossip Elinor interpretata da Jean Smart, pronta ad appoggiare un’ascesa e ad elargire il colpo di grazia se sei sulla via del tramonto, senza guardare in faccia nessuno, neanche gli amici, o coloro che si credevano tali. E c’è anche Li Jun Li con il suo personaggio che forse personaggio forse non è, Fay Zhu, una donna orientale, affascinante, che se ti sceglie per ballare con lei probabilmente sei qualcuno o stai per diventarlo, il che che non le basterà per essere felice.
E tra tutto questo, come in una sorta di backstage riservato agli spettatori di Babylon, assistiamo a ciak di scene di battaglie cruente, di seduzioni, di balli sui tavoli e di baci al tramonto con tanto di farfalla sulla spalla, alle difficoltà e alle avventurose peripezie di un giovane scaltro e deciso a farsi strada in quel mondo per reperire una camera e girare l’ultima scena proprio con quella luce là, a morti accidentali e non, a lotte con serpenti del deserto, a facce devastate da piogge di letame di elefante e di vomito, e a molto altro ancora. Fino a una sequenza di immagini veloce, delirante e psichedelica che chiude il film dopo ben 3 ore e 10 minuti che però volano, come mai accade in altre occasioni, mentre ripeti a te stessa cosa sto guardando? Il futuro del cinema? Benvenuti a Babylon.