Non ha poteri straordinari né un alone di santità che lo circonda e gli illumina il cammino. Invece ha una ragazza e degli amici, esce con loro per andare a ballare e a bere in qualche locale chiacchierando anche di politica, ed è peronista come loro visto che siamo nell’Argentina degli anni sessanta, Peron è in esilio ma loro sono convinti che prima o poi tornerà. Poi gli anni settanta e la dittatura, ma lui quella ragazza e quelle serate al bar con gli amici li ha già lasciati per entrare nell’ordine dei Gesuiti perché la vocazione è arrivata forte e chiara. Proprio sotto il regime di Vileda diventa Padre Provinciale e tutto ciò che può fare per aiutare i perseguitati dal regime lo fa, perdendo per strada, nonostante i suoi sforzi, molte persone importanti della sua vita. Difendere gli oppressi dal potere, con diplomazia, senza violenza ma con coraggio è ciò che continuerà a fare anche da Arcivescovo di Buenos Aires, fino a quel memorabile “buonasera” quasi sorprendente nella sua semplicità, pronunciato alla finestra di San Pietro la sera del 13 marzo 2013. Racconta così Papa Bergoglio Chiamatemi Francesco. Il Papa della gente, il film diretto da Daniele Luchetti da giovedì 3 dicembre in 700 sale e tra un po’, circa anno e mezzo, nelle TV di tutto il mondo, Italia compresa su Canale 5, diviso in quattro parti da 50 minuti l’una. E con un’anteprima in Vaticano martedì 1 dicembre davanti a settemila bisognosi e, forse con loro, il Papa, ma non è ancora detto. Nato dalla collaborazione tra Taodue e Medusa, finanziato interamente da Mediaset e costato 15 milioni di dollari, Chiamatemi Francesco è già stato prenotato da 40 paesi in entrambe le versioni. “Ho fatto questo film contro tutti – dice Pietro Valsecchi, patron della Taodue e ideatore del film – e con Daniele Luchetti siamo partiti per l’Argentina alla ricerca di materiale, ma mi sono svegliato più volte con l’incubo che il Papa dicesse: ma chi è Valsecchi che vuole fare un film sulla mia vita? Cosa che mi avrebbe stroncato la carriera”.
Dietro al film dunque ricerche storiografiche ma soprattutto tanti incontri reali in Argentina alla ricerca di persone che hanno conosciuto Bergoglio e testimoni diretti della sua vita prima che diventasse Papa, incontri positivi ma anche no: “sono stato avvicinato più volte agli angoli di strade buie sotto lampioni giallastri da persone con il bavero alzato che mi hanno detto che Bergoglio era implicato nella dittatura, anche persone di chiesa, una chiesa dove tutte le versioni sono possibili – racconta Daniele Luchetti – Poi queste cose cadevano sempre di fronte alla credibilità del personaggio che andavo costruendo. Quando racconti una storia devi stare dalla parte del personaggio e in questo caso mi è sembrato chiaro che tutto ciò non c’entrasse nulla nell’ipotesi narrativa anche in base testimonianze dirette più credibili. E alla fine, io da non credente, ho vacillato: ho cominciato il film che non credevo, mentre ora credo nella gente che crede”. Sullo sfondo, ma neanche tanto, la storia di un paese, quella più buia e difficile da credere, il colpo di stato, la guerra sporca, i desaparecidos, i dissidenti deportati, torturati, scaricati ancora vivi da aerei in volo. “Non credo che il mio compito fosse quello di raccontare agli argentini come fare i conti con la loro storia – dice Luchetti – ma mi piacerebbe che chi vedrà il film si rendesse conto, attraverso questo personaggio, che un terrorismo di stato è possibile, che un popolo intero può essere schiacciato in nome della sicurezza e un’intera nazione oppressa dai propri governanti e che questa cosa è successa ieri”
A interpretare Bergoglio dai 26 ai 60 anni è Rodrigo De La Serna: “una grande responsabilità interpretare il Papa in un periodo così tragico per la vita del mio paese – spiega l’attore argentino – ma anche un’esperienza importantissima, e poi ho avuto la fortuna di essere diretto da un regista intelligente e sensibile come Luchetti e credo di aver fatto un lavoro dignitoso che ha tirato fuori il meglio di me. Il mio avvicinarmi al personaggio è stato anche fisico, ma la cosa più difficile è stata far venire fuori la sua spiritualità che per me è stata anche l’occasione di poter imparare a pregare”. A dar vita al Papa dai suoi 60 anni alla sua elezione è invece Sergio Hernandez: “un ruolo fortissimo per me, incredibile – dice l’attore cileno – per il quale Daniele Luchetti mi aveva detto che non gli interessava la mia somiglianza fisica con Bergoglio, piuttosto che facessi venir fuori la sua interiorità. Così ho cominciato a sentire tutte le sue omelie, le messe, a guardare tutti i documentari su di lui in una sorta di convivenza, tagliando i contatti con il mondo e sospendendo gli altri lavori che stavo facendo e ancora adesso faccio fatico a togliermelo di dosso. Di certo la sfida più grande della mia carriera”.
Infine, di film sulla vita dei Papi ce ne sono stati davvero tanti, ma questo è il primo su un papa vivente, così abbiamo chiesto a Daniele Luchetti se e cosa abbia comportato: “più che ai film precedenti sui Papi ho pensato a The Queen che era su un personaggio vivente – ci risponde il regista romano – poi ho smesso di pensare che questa persona era viva e vegeta e viveva a un chilometro da casa mia, perché questo ti aiuta a tradire la realtà e più la tradisci, più sei in grado di dire la verità. Per un anno e mezzo ho smesso di leggere sui giornali tutto ciò che riguardasse Bergoglio per paura che influenzasse le cene che avrei girato il giorno dopo. Ora so che è in Africa e spero che sia un bel viaggio”. Ed ecco come Daniele Luchetti ha raccontato la genesi del suo film: