Come un gatto in tangenziale è un modo di dire che un po’ cinicamente indica qualcosa inevitabilmente destinata a durare poco, come, appunto, la vita di un povero micio che si trovasse sulla trafficata tangenziale di Roma. Come un gatto in tangenziale è il titolo del nuovo film di Riccardo Milani che a meno di un anno dal riuscito esperimento riporta sul grande schermo la coppia di Mamma o papà?, ovvero Paola Cortellesi (peraltro sua moglie) che è Monica, e Antonio Albanese che è Giovanni, e che troveremo in sala da giovedì 28 dicembre con Vision Distribution.
Lei tatuata, apparentemente sicura di sé, tosta, sempre pronta al brutto muso, quella che definiresti una coatta di periferia e in pratica lo è visto che vive a Bastogi, quartiere non proprio in della capitale; prima faceva la cassiera al supermercato poi hanno messo le casse automatiche che peraltro manco riconoscono un litro di latte e l’hanno licenziata, così adesso serve i pasti alla mensa degli anziani, quando la chiamano. Lui, Giovanni, educatissimo, sempre pronto alla mediazione e timoroso, anzi, atterrito davanti a una mazza da baseball che parte verso il parabrezza della sua macchina, vive in un rione del centro storico in un palazzo con un bel cortile e tanti mezzibusti sui pianerottoli; fa un lavoro di pensiero, cioè lo pagano proprio per pensare, pensare a come rivalutare le periferie e come sostenere l’integrazione e l’inclusione sociale. Lei va al mare a Coccia di Morto dove, dopo due ore in coda sull’Aurelia, sulla spiaggia si sta uno sopra l’altro e c’è pure il divieto di balneazione, però in acqua ci vanno tutti lo stesso e per prendere un ghiacciolo devi fare la fila di un’ora, sempre che non arriva il marito galeotto che ti taglia via la milza. Lui va al mare a Capalbio in una spiaggia dove lo stabilimento non c’è, ci arrivi dopo 2 chilometri e mezzo a piedi nel bel mezzo della riserva naturale dove nidificano le upupe e poi non trovi nessuno se non Franca Leosini di bianco vestita che ti invita a un’apericena. Dunque in comune Monica e Giovanni che hanno? I figli. O meglio, i figli che stanno insieme: Alessio, figlio di lei, e Agnese, figlia di lui, 26 anni in due e le differenze tra loro proprio non le vedono. Monica e Giovanni invece sì e la loro giovane relazione, secondo Monica, durerà proprio come un gatto in tangenziale. O almeno così vorrebbero entrambi. Perché a proposito di integrazione sociale, tra il dire e il fare…
“Un conto è parlarne – ci risponde Paola Cortellesi nella nostra videointervista che trovate a fine articolo – un conto è vivere le cose e toccarle con mano, e la storia che raccontiamo è questa: l’incomunicabilità tra due persone che altrimenti non si sarebbero mai incontrate e che invece hanno anche l’opportunità di entrare ognuna nella vita dell’altro, una buona occasione per capire anche le ragioni degli altri”. Quindi ancora, tra il dire e il fare, e soprattutto il sapere… “A me interessano questi personaggi come quello che interpreto – aggiunge Antonio Albanese nella nostra videointervista – li vedo a volte in televisione che teorizzano su droghe, immigrazione, ma è evidente che non sanno niente e che non hanno mai vissuto quello spazio né un ragazzo bucato… si deve ritornare a vivere e sentire direttamente tematiche e problematiche…”
Tema serio quindi ma affrontato con leggerezza, che non vuol dire assolutamente superficialità, piuttosto sana e intelligente ironia, in un film, Come un gatto in tangenziale, che alla fine è anche una storia d’amore – protagonista una panchina di Piazza Cavour a Roma – da promuovere, a dispetto del titolo, a pieni voti: dall’interpretazione dei due protagonisti a quella di Sonia Bergamasco, perfetta ex moglie sofisticata e anche lei pronta alla contaminazione ma solo in teoria, da quella dei due ragazzi innamorati all’origine del corto circuito che sono Simone De Bianchi e Alice Maselli ai camei di Claudio Amendola, marito rozzo dal coltello facile, e di un’incredibile Franca Leosini che fa Franca Leosini; e che dire delle gemelle di Bastogi, Alessandra e Valentina Giudicessa nel film Suellen e Pamela, vere, non attrici, che parlano all’unisono e soffrono di shopping compulsivo, ma non pagano mai niente? “La stiamo un po’ abbandonando l’ironia ed è un grandissimo peccato e un bruttissimo segno – ci dice Antonio Albanese – perché con l’ironia si può a focalizzare l’attenzione su molte cose, l’ironia riesce ad esaltare un tema e a denunciare quel tema, noi italiani in questo siamo mostri sacri”. “Per quanto mi riguarda l’ironia è un diktat – aggiunge Paola Cortellesi – io amo la commedia all’italiana vera e originale che ti permette di trattare argomenti molto seri come quello che trattiamo in questo film attraverso il registro umoristico, che ti dà la possibilità di volare alto e di raccontare delle storie che altrimenti sarebbero indigeste per chiunque”. Coppia cinematografica collaudata e affiatatissima, tra i due non può certo finire qui, come lascia intendere Antonio Albanese: “forse tra un anno o due si farà una tournée, oppure in televisione, oppure al cinema…” “Dobbiamo solo trovare un’altra scusa” taglia corto Paola Cortellesi. Questo ed altro nella nostra videointervista a Paola Cortellesi e Antonio Albanese: