Una malinconia struggente accompagna per tutta la sua durata Dolor y Gloria, il nuovo, atteso film di Pedro Almodovar che sceglie ancora Antonio Banderas, illuminato più che mai, per il ruolo del protagonista, Salvador Mallo, regista cinematografico in declino annientato da una condizione fisica dolorante che si presta a perfetto alibi di un’inattività artistica e mentale, specchio di una sofferenza più intima fatta di rimpianti e solitudine, presentato a Cannes e contemporaneamente nelle nostre sale oggi, venerdì 17 maggio.
In Dolor y Gloria i ricordi di Salvador riemergono vividi e veri quando la sua mente è libera di andare, quando si immerge nell’acqua della piscina, ad esempio, e trattiene a lungo il fiato, o fuma eroina, ultimo rimedio al suo disagio offertogli da Alberto (Asier Etxeandia), l’attore con cui realizzò il suo film cult, Sabor, più di trent’anni prima, e da allora mai più rivisto per un rancore che ha resistito nel tempo. Ecco allora che torna agli anni sessanta, lui bambino (Asier Flores) con sua madre, la sempre splendida Penelope Cruz, che lo ama più di se stessa, alla casa nella grotta, al canto, al seminario, all’amico imbianchino (César Vicente al suo esordio cinematografico) cui lui, così piccolo, insegna a leggere e scrivere, anche lui con un segreto dentro che non scoprirà mai, quello di essere un artista, e al quale Salvador dovrà per sempre il suo primo febbricitante manifestarsi del desiderio; e a Federico (Leonardo Sbaraglia), il suo primo grande e unico amore che gli sfuggì di mano: su di lui ha scritto con impeto e dolore una storia che una volta preso vita sul palcoscenico, riporta in vita anche quell’amore che torna dal passato e bussa sorprendentemente e letteralmente alla sua porta. Tutto il film è pervaso dall’amore per il cinema di Almodovar che passa dal suo alter ego Salvador, il cinema di Fellini, quello scritto che fa terapia, che crea, che non si stacca dalla vita vera. Ed è solo quando Salvador torna a scrivere raccontandosi che può riprendersi la sua vita.
Pedro Almodovar lascia ancora le sue atmosfere giocose e colorate per il suo film, il ventiduesimo, di riflessione: Dolor y Gloria, che completa il cast con Nora Navas, Julieta Serrano, Cecilia Roth, Raúl Arévalo, Eva Martín e Susi Sánchez, è un film “autobiografico al 40% per quanto riguarda i fatti, ma al 100% per il livello più profondo – ha detto il regista spagnolo a Cannes – i posti sono veri, la casa di Salvador è una copia perfetta della mia, ma niente eroina per me”. Catartico per Almodovar e una sorta di seduta psicanalitica per tutti noi, che invita a ricordare senza paure o censure, a riportare in vita la memoria perché memoria in fondo siamo, oggi, adesso, e sempre. Il ricordo che non dilania l’anima ma l’accarezza con dolcezza se lo sai accettare, anche quello terminale della morte di una madre accompagnato dal rimorso. Con il passato si fa pace, le porte socchiuse si chiudono o si spalancano, le malattie si curano, la vita continua. “Sogno, sogno e tu sei con me chiudo gli occhi e in cielo splende già una luce – canta Mina in sottofondo in Come sinfonia – Io sogno d’esserti vicino e di baciarti e poi svanire in questo sogno irreale…”