“Questo Sanremo per me è ricominciare, ributtarmi nella mischia con l’emozione e la speranza del debuttante…” Gianni Morandi, tra i 25 cantanti in gara a Sanremo 2022, incontra la stampa in collegamento dal Teatro Duse di Bologna dove tra poche ore, dopo quasi due anni, riprende la sua serie di concerti Stasera gioco in casa, sospesi per la pandemia. “Ci siamo fermati il 20 febbraio 2020, credevamo che ci sarebbero volute due, tre o quattro settimane per riprendere, e invece sono passati due anni – ricorda con un lieve piglio malinconico – questa pandemia ci ha toccato, ci ha fatto riflettere su tante cose… siamo andati avanti ad aspettare che si riaprisse la possibilità di fare musica dal vivo, come tutti. E stasera si torna in scena, si ricomincia. Per me è molto emozionante perché è qui al Duse che ho cantato per la prima volta in un grande teatro, avevo 19 anni…”
Poi un anno fa l’incidente: “a me poi è successo anche di cadere nel fuoco l’11 marzo 2021 – racconta Gianni Morandi – avevo la mano veramente a pezzi, la pelle bruciata anche sulle orecchie, sulle ginocchia. Io ho chiesto una crema a mia moglie Anna, ma lei ha chiamato subito l’ambulanza che mi ha portato in ospedale, al Bufalini di Cesena, dove ho visto persone bruciate in modo terribile. Questo incidente un po’ mi ha cambiato, ma più che altro sono riuscito a pensare che ne sono venuto fuori: ho salvato la pelle, cioè la vita, e anche la faccia, e questo mi ha dato la forza di andare avanti. Ed è chiaro che senza tutto questo io non sarei andato all’ospedale, Jovanotti non mi avrebbe chiamato, non sarebbe nata L’Allegria e forse neanche Apri tutte le porte e l’idea di Sanremo“.
Perchè effettivamente andò così: “Dopo i miei 27 giorni in ospedale – ricorda Gianni Morandi – ricevo la telefonata di Jovanotti che mi chiede come sto e mi dice che ha scritto una canzone che si chiama L’allegria chiedendomi se la volevo cantare io. Io la sento, mi piace, e l’ho registrata. Per me è stata quasi una terapia, aiutava anche la guarigione della mia mano e migliorava il mio umore. Poi sono andato a trovare Lorenzo a Cortona ed è nata Apri tutte le porte, altra canzone di speranza, e sulla possibilità di vedere presto ritornare il sole nelle nostre case e nella nostra vita, e ad entrambi è venuta l’idea di mandarla ad Amadeus per portarla in gara al Festival. E lui ci ha detto di sì“.
Un grande amore quello di Gianni Morandi per Sanremo, un amore legato ai suoi ricordi di infanzia e un evento che gli ha indicato la strada: “ricordo il bar di Monghidoro dove c’era un televisore in bianco e nero tutto annebbiato che non si vedeva bene, ma metà paese lo guardava. Ecco, con il Festival io ritorno bambino, a quando nel 1958 vidi Domenico Modugno che cantava Volare e fu allora da che mi venne la voglia di provare a fare questo mestiere. Sanremo per me è un palcoscenico molto importante che ho vissuto in tutte le forme: sono stato in gara più di una volta, vinsi in gruppo nell’87 con Ruggeri e Tozzi, ci sono tornato ancora da ospite, e mi è anche capitato di condurre il Festival. Mi fa un grande fa piacere tornarci, è come una scossa, un’emozione, è tornare alla musica dopo tanto tempo. Ed essere in gara è diverso, vuol dire stare lì una settimana, viverla, mi piace. Io preferisco essere in gara che andare ospite, poi succeda quello che succeda. Che cosa può cambiare nella vita? Sanremo rimane un episodio della tua vita, Sanremo è Sanremo e tu sei tu. Forse una volta la pensavamo così, che se andavi a Sanremo e venivi eliminato era un dramma, non facevi più serate, perdevi il tuo pubblico. Ma oggi, anche se dovessi arrivare ultimo o penultimo, va bene dai, è così, prendiamo quello che viene”.
Apri tutte le porte è un pezzo energico, nato sulla scia de L’Allegria, ma decisamente più puntata sull’interprete: “anche questa mette allegria – spiega Gianni Morandi – ma mentre L’allegria era una canzone proprio Jovanottiana, questa forse è stata più pensata su di me e sulle mie vocalità da ragazzino, è anche meno difficile cantarla dal vivo. La canzone, come dicevo, è di speranza e anche questo ritmo e questo arrangamento formidabile fatto da Mousse T. ha una bella carica, spero possa piacere e divertire. Non è la classica canzone di Sanremo scritta per il Festival, ha dei meccanismi, dei ritmi interni, delle parole che si incrociano tra loro. Jovanotti mi ha detto: ‘io sono un rapper, le parole le incastro l’una con l’altra…’. Io nella mia carriera ho cantato di tutto, anche delle canzoni molto ritmiche, come Scende la pioggia o Bella signora, Banane e lampone era persino ballereccia, non è che sono proprio fuori dal mio mondo. Ad ogni modo non è semplicissima, così io la canto e la ricanto, voglio essere ben padrone della canzone quando sarò sul palco“.
Eppure comincia così: A forza di credere che il male passerà, sto passando io e lui resta: “il testo è certo un po’ condizionato dal momento, quando Lorenzo l’ha scritta probabilmente pensava a questo momento un po’ pesante e un po’ grigio che da due anni stiamo vivendo, come una cappa che abbiamo nella testa – risponde Gianni Morandi – Ma è chiaro che ogni giorno voglio pensare che questo sia un giorno nuovo, e spero che si aprano davvero le porte al sole. Non è che io possa mandare dei messaggi, però vado al Festival con entusiasmo e cerco di trasmettere qualcosa“.
Poi, di punto in bianco, videochiama Jovanotti su Facetime. “che bello che sei tornato sul palco! – gli dice subito Lorenzo. Poi quattro chiacchiere tra loro, quasi come se noi giornalisti non ci fossimo, anche sulla scia di debolezza lasciatagli dal Covid che gli impedisce di andare in bicicletta come prima, per cui “me la prendo comoda – dice Jovanotti – dopo il test di 80 chilometri di sabato ero un po’ stanco…” E ancora: “ieri ho visto un pezzettino del video della canzone che stanno montando a Milano, è fantastico! Sono così contento…” racconta Lorenzo. “Io ieri sera ho fatto le prove e ho avuto una bella emozione, poi immagino col teatro pieno… ” ribatte Gianni. “Riesci a suonare la chitarra con la mano?” chiede Lorenzo. “Solo con tre dita, però la voglio suonare lo stesso” risponde Gianni. “Io so che Giorgio Gaber la suonava utilizzando solo tre dita e che Django Reinhardt ne usava solo due…” ci erudisce Lorenzo. “Io l’altro giorno ho parlato con Nek che ha avuto un incidente e stava per perdere due dita, e adesso suona il basso con le altre tre. Volevo fare un tour e chiamarlo tre dita, perchè Claudio Baglioni ne ha fatto uno che si chiamava Dieci dita…” Ed è tutto bellissimo…