Un film assurdo, quasi surreale. E così ironico, sarcastico e meravigliosamente cinico, da conquistarci all’istante. Non risate a crepapelle, anche se qualche irrefrenabile sbotto c’è, ma sorrisi sghembi e ammiccanti tanti. Perché in fondo un po’ cinici lo siamo tutti. Claudio Amendola torna alla regia, per la terza volta dopo La mossa del pinguino del 2013 e Il Permesso 48 ore fuori del 2017, con I Cassamortari, da giovedì 24 marzo su Prime Video, e già dal titolo si evince quanto accennato sopra. Ma se non fosse ancora chiaro, ecco la frase che regge l’intera vicenda: Tutti devono mori’, ma solo in pochi ce guadagnano. Che altro non è che il motto di famiglia, tramandato da Giuseppe Pasti ai suoi tre figli assieme a metodi decisamente poco corretti e pure un po’ obsoleti, almeno rispetto a quelli di un’altra agenzia di Pompe Funebri che è la famosa, e reale, la Taffo, con tanto di signor Taffo, cameo di Massimo Dapporto. Ma andiamo con ordine.
Giuseppe Pasti, faccia e tutto il resto di Edoardo Leo, mantiene la sua famiglia occupandosi di morti, casse, funerali eccetera, sbaragliando la concorrenza soprattutto a suon di mazzette a compiacenti infermieri ospedalieri, pagamenti in nero e tasse manco a parlarne. I suoi tre pargoli, Giovanni, Maria e Marco, crescono giocando tra casse da morto e carri funebri imitando il mestiere del papà, genitore per lo più assente. Poi il papà muore e loro crescono, senza cambiare una virgola della loro vita, continuando, cioè, a giocare con i morti e, come da mantra familiare, a guadagnarci il più possibile. Anche superando i limiti.
Giovanni, interpretato da Massimo Ghini, è il fratello maggiore, dirige la baracca con una patologica ingordigia e non si fa alcuno scrupolo: il cliente ha sempre ragione, basta che paghi. Maria, cui dà vita Lucia Ocone, probabilmente nel tentativo di colmare il suo vuoto affettivo, o forse semplicemente per natura, si porta a letto tutti i vedovi addolorati che passano in agenzia, poco importa se troppo vecchi o troppo giovani. Mentre Marco, interpretato da Gianmarco Tognazzi, che da tempo ha deciso di parlare soltanto con i suoi amati cadaveri, ha il compito di renderli, come dire, più vivi agli occhi dei parenti, ed è un vero artista in quel che fa. Infine Matteo, arrivato a sorpresa dopo parecchi anni e dunque appartenente ad una generazione decisamente e ossessivamente social, si occupa, in modo alquanto discutibile, di comunicazione. Tutto fila come da routine finché non muore una rockstar impegnata a distogliere i giovani dalla droga, pur lasciando questo mondo per overdose, e ad organizzare il funerale vengono chiamati proprio i fratelli Pasti, con qualche debito di troppo con lo stato. La cosa però non sarà semplice e, richiesta su richiesta della manager/amante di Gabriele Arcangelo, la rockstar, che è Sonia Bergamasco, rischierà di farli deragliare definitivamente verso la disumanità. La cosa più pazzesca de I Cassamortari? Che il rocker defunto è Piero Pelù, quello vero, e che ciò che gli è accaduto in vita non è nulla rispetto a ciò che dovrà sopportare da morto…
Da La grande guerra di Monicelli a Il Vedovo di Risi, fino al più recente Metti la nonna in freezer di Fontana e Stasi, ridere della morte è lo sberleffo più grande che l’arte del cinema possa fare alla morte stessa. Prendere in giro ciò che ci fa paura, riderci sopra, perchè no? Esorcizzare a volte ci fa bene. Che poi è la commedia all’italiana, quella che secondo lo stesso Monicelli racconta eventi drammatici in modo comico, divertente e ironico. Quindi, bevenuti Cassamortari… Ecco la nostra videointervista a Lucia Ocone, Massimo Ghini e Alessandro Sperduti e il videoincontro con Claudio Amendola, Piero Pelù, Gianmarco Tognazzi, Lucia Ocone, Massimo Ghini, Alessandro Sperduti:
Le foto sono di Angelo Costanzo