Scorre l’anima sul filo delle parole di Alessandro Bergonzoni. La sua voce, come un lampo, racconta la vita. Il sorriso nasconde spesso o talvolta l’amara verità. Sorpresa e rivelazione si fondono nelle parole, nei virtuosismi dialettici dell’artista bolognese che giunge a Roma, al Teatro Vittoria dal 10 al 22 marzo con il nuovo spettacolo Nessi firmato con Riccardo Rodolfi: è il quattordicesimo della carriera teatrale di Bergonzoni e arriva dopo il successo di Urge e oltre tre anni di tour. Un’ora e mezza di un monologo in continuo divenire, in perenne equilibrio tra visione e realtà. Il fluire di giochi di parole sul filo del nonsense è dirompente sul palcoscenico. Ed è tale più che mai durante una chiacchierata telefonica a metà tournée.
Alessandro, vivi sempre l‘emozione prima del debutto. Ancor di più se la città è Roma?
Non amo la parola emozione come non amo la parola passione perché ormai valori desueti uccisi da chi ostenta passione e emozione. Sono molto attento alla città di Roma, questo sì.
Perché questo titolo: Nessi? Serve a rimarcare l’egoismo dell’uomo che ancor più in quest’epoca fatica a passare dal concetto di “io” a “noi”?
Noi è io alla n, se noi giriamo la parola noi un numero infinito di volte. Nessi non è collegamento è conoscenza, non è comunicazione è conoscenza. Noi da quando nasciamo e rinasciamo siamo pieni di fili e ci colleghiamo con gli altri. Da collega, collega non come professionista che fa lo stesso lavoro, collega è unisci, un verbo. Collega, lega, legalità. Non esiste più la possibilità che l’arte sia divisa dalla politica, la politica sia divisa dal bene comune e il bene comune sia diviso dalla salute. È un lavoro surreale, metafisico e anche comico sul concetto dell’andare oltre e del collegare all’infinito questo lavoro. Noi siamo degli invocati, questo non è uno spettacolo ma un’invocazione. Siamo invocati nell’albo degli invocati, siamo iscritti all’albo degli avvocati e ci dobbiamo costituire parte civile, ma soprattutto parte sovrumana. È il lavoro del sovrumano.
Ma esiste questa difficoltà, più che mai oggi, per riuscire a conservare questi legami?
C’è difficoltà perché adesso la gente vuole bignamizzare la vita. Quando i giornali parlano per ore e anni di cibo, di televisione, di talk show. Quando nell’anima umana le persone continuano a parlare d’altro e non d’oltre. Non c’è un partito nuovo se non c’è un essere nuovo, non esiste un movimento esterno se non c’è un movimento interno. L’arte deve muovere in questa dimensione. È un’altra dimensione e si tratta di frequenze. Io nello spettacolo parlo di frequenze, onde, movimento e vibrazione. La gente mi dice che io gioco con le parole: no, sono le parole che stanno giocando con noi, stanno urlando. Le parole invocano: ecco perché Nessi è un’invocazione.
Quali sono le differenze tra Urge, il tuo precedente spettacolo, e Nessi?
Urge era un urlo realmente, uno svegliatevi. Qui è un tema di rinascita, una necessità di diventare. Io alla fine dello spettacolo dico: non si va più a casa, non c’è più la differenza tra attore e spettatore. Non c’è più confine tra una canzone che ci fa piangere e quello che fa inorridire. Non c’è più confine tra la morte degli altri e la nostra vita, non c’è confine tra i miei figli e quelli degli altri che non sono miei. Questo è un lavoro in cui si rischia la pazzia? No, noi raschiamo la pazzia, la stiamo raschiando, il barile è già finito. L’uomo è un’opera umana: dentro le carceri ci sono opere umane che non vengono tutelate dallo stato. Noi dividiamo la bellezza dalla cosa meno bella, va riconquistato a suon di anime un nuovo linguaggio e una nuova dimensione. Io la chiamo cambio di frequenza.
Dici anche: I Gandhi e i Mandela siamo noi, invece di guardare, bisogna fare…
Non posso più vedere politici che applaudono la laurea di San Suu Kyi a Roma quando San Suu Kyi ha detto che la politica parte dall’anima. Cosa applaudi? Servono cambiamenti. Gli esempi sono finiti. Io il 21 marzo andrò a Bologna da Don Ciotti per poi tornare a Roma e fare lo spettacolo per raccontare a tutti che io devo diventare Falcone e Borsellino e smettere di pagare il mio pizzo tutti i giorni a certi io non ce la faccio, a certi io non posso, io non riesco, a certi giornali, a certe tv, a certe paure. Io pago il pizzo anche alle paure. Non si paga il pizzo solo alla mafia. Noi uccidiamo non con la mano sinistra o destra. Noi uccidiamo con la terza mano che è la mancanza. Li chiamo genocidi, cioè uccidiamo la parte più geniale che abbiamo in testa: la parte poetica e artistica. Che non può restare più solo nei teatri . Finito di fare il mio lavoro devo fare il lavoro degli altri. Sennò siamo degli intrattenitori di cui non mi interessa.
Anche per questo motivo la TV ormai non ti appartiene?
Ma che vuoi fare la televisione? Fai la parodia del politico, la satira, col politico che ride vicino al comico? Non riesco a capire cosa si possa raccontare in questo senso. Anche se i giornalisti mi chiedono: in parole povere, per la gente, perché deve capire. No la gente deve cambiare frequenza, non capire. Serve la predisposizione al cambio.
E dopo Nessi cosa ci sarà per Alessandro Bergonzoni?
Ci sarà un altro libro, forse ancora di poesie come L’amorte, ci sono alcune installazioni e opere sul tema sociale tra arte e carcere, ci sarà ancora la tournée che faccio negli asili, nelle elementari, nelle scuole per incontrare gli gli studenti. C’è un lavoro che non è comunicazione ma è bisogno di conoscenza.
Appena ho letto Nessi mi è venuto da pensare al nomignolo dato al mostro di Lochness, è una mia stortura?
Di solito i più sciocchini pensano a un giocatore con una lettera diversa, i più leggendari pensano a Lochness! Io mi inserisco in mezzo a loro e parlo di mostri a mia volta.
Quindi sei un gradino sotto di me?
Si, si ma ti aspetto lì sul pianerottolo, caro vicino.
Istruzioni per l’uso: leggere le risposte tutte d’un fiato. Ancor meglio andare a vedere Nessi. Che Alessandro Bergonzoni ci deve parlare.
Nessi, dopo Roma, andrà il 27 marzo al Teatro Corsini di Barberino, vicino Firenze. Il 28 e 29 marzo a Cesena, Teatro Bonci. Il 9 aprile a Trieste, Teatro Rossetti. Il 10 aprile a Pordenone, Teatro Verdi, l’11 aprile a Noventa Piave, vicino Venezia al Palazzetto dello sport Fontebasso. Il 12 aprile appuntamento a Forlì al Teatro Diego Fabbri, il 18 aprile a Barga, Lucca, Teatro dei Differenti, il 21 aprile al Donizetti di Bergamo