Intervista ai Kutso, in tour dal 12 marzo: la nostra è musica per persone sensibili

di Patrizia Simonetti

A Sanremo sono arrivati secondi tra le Nuove Proposte

battuti da Giovanni Caccamo, ma sono felici lo stesso. Per partecipare al Festival avevano sospeso il loro Perpetuo Tour che riparte giovedì 12 marzo da Torino e durante il quale presentano il loro nuovo, secondo album dal titolo Musica per Persone Sensibili. Si chiamano Kutso che si legge con la A, ma non lasciatevi ingannare dal loro fare giocoso, sono invece attenti osservatori e il loro front man è Matteo Gabbianelli che scrive testi e musiche e parla per tutti.

kustso-tappo-2-1024x1024Matteo, a Sanremo vi siete fatti fregare da uno che suona nei salotti…

Vabbè dai, Giovanni se l’è meritato. Comunque sicuramente lui e la sua musica rappresentano meglio quel mondo italiano lì, per cui è andata bene così. Noi non pensavamo neanche di arrivare in finale, quindi per quanto ci riguarda abbiamo vinto tutto.

Però un po’ ci avevate creduto

Quando siamo arrivati in finale in effetti un pensierino ce l’abbiamo fatto, poi quando si è esibito Giovanni e io lo seguivo dal monitor dietro le quinte, ho visto che la sua era un’ottima performance, era convincente, e ho iniziato a pensare che avrebbe vinto lui, ci stava. Diciamo che mentre cantava mi sono messo l’anima in pace.

Ma voi che c’entravate sul palco dell’Ariston?

Sicuramente eravamo un po’ i guastafeste della situazione perché abbiamo portato un brano punk, fracassone, repentino e abbastanza 1016457potente, e un atteggiamento tutt’altro che composto per cui eravamo sui generis. Per questo dico che Giovanni stava più dentro alla storia.

Bisogna essere personcine composte per andare a Sanremo?

Per andarci no, per vincere, come vedi, sì.

Adesso comunque riprendete il vostro Perpetuo Tour

Sì, continuiamo per la nostra strada aggiungendo i brani del nuovo disco. Ci siamo anche preparati qualche novità a livello scenico. Diciamo che portiamo a un pubblico maggiore quello che già facevamo da qualche anno.

Nuovo disco che si chiama Musica per persone sensibili, ovvero?

Il titolo vuole invitare l’ascoltatore a non fermarsi alla doccia sul palco dell’Ariston o ai salti mortali che faccio io, ma a prendere il disco e ascoltarselo tutto in cuffia leggendo i testi.

kutsoE andare a vedere cosa c’è dietro la performance

Esattamente. Ci sono due momenti di ascolto. Il concerto è una festa per cui noi creiamo delle feste cui partecipiamo assieme al pubblico in un rapporto orizzontale con chi sta sotto il palco e a volte sale su con noi, un grande baccanale vissuto tutti insieme. Poi c’è il momento dell’ascolto individuale e allora è tutto un altro discorso, ci si concentra sui testi.

Per trovarne di belli tosti: Bluff ad esempio recita “cado a pezzi, ogni tanto vorrei prendere fuoco” e Spray nasale dice “questa noia che mi consuma da sempre mi spinge nel baratro di un’inerzia cosmica, voglio sparire”, alla faccia dell’allegria…

Hai proprio colto il succo della questione. La nostra musica è tutta caratterizzata da questo ossimoro tra un musica giocosa, solare, piena di vita e colpi di scena e testi mortiferi, definitivi, disfattisti e lamentosi. Ci piace questo contrasto ed è questo il gioco: questi testi letti così hanno un effetto, ma abbinati alla musica che facciamo sembrano uno scherzo. Invece anche noi siamo caratterizzati da quell’urgenza espressiva post romantica tipica degli artisti, ecco.

E quando cantate “una casa ce l’ho grazie solo a mamma e papà, umilianti” esprimete il cosiddetto disagio giovanile moderno?

Io credo che questi problemi ci siano sempre stati sin da quando è nata la società e non ci sentiamo portavoce di nessuno, semplicemente abbiamo gli stessi problemi che hanno tutti quanti. Noi però magari abbiamo questa propensione ad esprimerli in musica e lo facciamo, però sicuramente stiamo dentro il mondo, quindi anche noi abbiamo le nostre elucubrazioni e i nostri ragionamenti, ma e quant’altro ma questo nostro atteggiamento gioioso e festaiolo ci impedisce di piangerci addosso fino in fondo e piuttosto reagiamo con una vitalità incontrollata.FdA_Interviste_Nadia_Macri__KuTso_03_big

Quando dite “com’è bello litigare tra un insulto e una polemica” ci si potrebbe vedere la nostra società e anche la nostra TV ad esempio…

Infatti. Noi osserviamo le cose ed esprimiamo le nostre sensazione, ma non abbiamo nessuna velleità di rappresentare alcun movimento, semplicemente mettiamo in musica quello che sentiamo dentro, ma parliamo più a noi stessi che agli altri, è come guardarci allo specchio e dirci le cose francamente, con schiettezza e senza giri di parole.

Ma coadiuvati da vivaci performance

Per noi stare su un palco e suonare una canzone è come andare incontro alla morte sorridendo. Viviamo un po’ la nostra vita musicale che poi corrisponde alla nostra vita reale in maniera eroica, come correndo verso il nulla e questa gioia è più indiana che occidentale senza ragionamento, si avvicina più al nirvana a modo nostro. Ogni essere umano è fatto di buio e luce, noi siamo figure un po’ istrioniche, narcisiste e casinare, però poi quando leggi un testo ti accorgi che c’è pure una speculazione esistenziale, le nostre canzoni sono anche espressionistiche, se vuoi.

Chi sono i “nerd” cui “io gli darei la pena di morte” nel pazzo Io rosico?

Noi veniamo dal mondo indi, però siamo sempre stati visti un po’ male anche in quella scena per il nostro modo di fare un po’ demenziale, pensano che ‘stamo a scherzà’ perché non utilizziamo quegli stilemi tipici degli indi con gli occhiali spessi, la camicia di flanella e il pianto addosso. Ecco, quella canzone prende in giro quel tipo di persone. Io non ce l’ho con i nerd in genere, ma con quel tipo di nerd che se la comandano e allora la mia reazione è sempre molto violenta di fronte a queste cose. Io non sono uno che si offende e basta, ma mi incazzo proprio.

Lo facevi anche nell’album precedente dove in Questa società cantavi “farò una strage e regnerà la pace”?

Le nostre canzoni si focalizzano su sensazioni e stati d’animo più che su osservazioni lucide. E anche questo che può anche essere considerato uno dei nostri testi più socialmente impegnati in realtà è più uno sfogo, il pensiero che può avere una persona che vede un servizio al telegiornale e ha subito quella reazione, poi dopo ci ragiona, ma istintivamente ti verrebbe da prendere dei sassi e tirarli. Ecco, noi ci fermiamo a quello nelle nostre canzoni, ci interessa guardare l’essere umano quando agisce in maniera istintiva e irrazionale, non quando la ragione fa da filtro e subentra il ragionamento, preferiamo la parte animalesca, insomma.

Se te lo chiedessero cosa risponderesti alla domanda: sei di destra o di sinistra?

Io sono un fautore del sano egoismo nietzschiano, nel senso che la democrazia è certo l’approccio migliore che abbiamo trovato, però anche questo regime ha dei gap. Io credo che il modo migliore per far funzionare le cose non sia stare a guardare, ma agire, ma non per un’ipocrita solidarietà umana, bensì per i propri scopi, per un obiettivo, come può essere per noi la musica. Bisogna fare, non fermarsi mai.

A-Day-With-KuTso-5Non è che se lo possono permettere tutti

Certo c’è chi è più fortunato e chi parte da una situazione economica svantaggiata ed è molto più difficile per le persone in quella situazione poter pensare di portare avanti le proprie attitudini e i propri sogni, ma chi la dura la vince.

Chiudiamo in allegria: come nasce il vostro nome, Kutso, che a Sanremo lo pronunciavano con la U anche se la pronuncia esatta è con la A

Sì ma chissene frega, lo sapevano tutti e pure Carlo Conti ci ha giocato molto su questa cosa. Era il modo per non scrivere parolacce sui banchi quando stavo al liceo, ci sono molte altre parole che hanno quel tipo di grafia. Sicuramente quando lo abbiamo scelto non pensavamo di andare a Sanremo un giorno. E poi ci piace fare le cose che non si fanno e come nome abbiamo scelto il più brutto, il più impronunciabile, quello che rovina tutto, sempre nell’ottica del guastafeste. Poi penso che quando hai un nome del genere e magari devi fare un’intervista, una volta che hai detto il nome della band si parte subito in discesa e poi dopo va tutto liscio.

Come in questa intervista?

Esatto.