Ha studiato con Luca Ronconi e Monica Vitti. Ha lavorato con Giorgio Strehler. Nel 1984 ha debuttato in Otello con Carmelo Bene di cui è stata compagna di vita per cinque anni e sua prima attrice in opere come Adelchi, Manfred, Hommellette for Hamlet, Canti Orfici e Lorenzaccio. Una storia votata all’arte e modellata dal genio del Grande Maestro quella di Marina Polla de Luca che torna nel ruolo di autrice-attrice e dal 5 all’8 febbraio è in scena al Teatro Lo Spazio di Roma con Voce del verbo Amare. Dedicato….
È uno spettacolo-concerto con la partecipazione di Gloria Pomardi, le musiche di Louis Siciliano, e i video di Andrea Baracca. Resterà un unicum – racconta – non prevede almeno per il momento altre repliche.
Come è nata l’idea dello spettacolo?
Mi avevano chiesto di scrivere qualcosa nel 2012 a dieci anni dalla morte di Carmelo Bene. Allora non volli partecipare, però avevo scritto dei versi e così ho portato avanti questo discorso. Racconto me stessa, sono una donna che percorre la sua vita cercando l’amore con la A maiuscola, in ogni posto. Ma voglio rimarcare, quasi gridare l’impossibilità dei rapporti.
Questo lavoro arriva tre anni dopo un altro omaggio a Carmelo Bene dal titolo Dedicato a…. In questo suo nuovo testo ha aggiunto Voce del verbo Amare, perché?
Ho giocato tra la parola voce nel ricordo di Carmelo, il verbo, cioè il suono della parola, e la declinazione di Amare che nel gerundio e nel passato contiene i sentimenti dei due soggetti del verbo, gioia e dolore: amante e amato. Voglio ricordare una frase del film Venere in pelliccia che racchiude in poche parole l’essenza di questo pensiero: “per noi non ci sarà presente, passato e futuro, noi non staremo insieme per sempre perché le grandi passioni devono finire”.
Credo, anzi ne sono certo, che avrà mille ricordi dei momenti trascorsi accanto a Bene. C’è una frase che le disse e che le piace ricordare ancora oggi?
Assolutamente sì. Lui spesso si arrabbiava con i critici e diceva: “vedi, dopo tanti anni e nonostante i molti riconoscimenti avuti, ancora mi chiedono se recito al microfono perché non ho voce. Questa è follia – mi spiegava – la voce urlata è priva di colore, più si alza la voce più si perdono i colori. Nell’orecchio dell’amato si soffia, si sussurra, non si grida e io col microfono mi posso permettere di bisbigliare nell’orecchio di ognuna delle persone che mi stanno guardando. Anche se bisogna avere dentro quel milione di colori”.
Marina, lei ha vissuto a Los Angeles, ha studiato scrittura di scena, è autrice di cinema e televisione, insegna recitazione e recitazione in video organizzando corsi di teatro per bambini e stage per professionisti. Insomma, una vita dedicata al teatro ma soprattutto improntata a tramandare la passione e la propria conoscenza…
Io non so cosa farò da grande. Ma sento fortemente l’obbligo di insegnare, di trasferire ai giovani ciò che ho imparato. Spesso si chiede cosa si fa per scoprire per i grandi talenti: i talenti vanno accompagnati in silenzio al loro destino. Ma dietro al talento ci deve essere una base, utile a supportare l’essere attori che si sente dentro.