Ci sarà anche l’ex Procuratore nazionale Antimafia, ora presidente del Senato, Pietro Grasso alla prima del documentario La corsa de L’Ora scritto e diretto da Antonio Bellia su Vittorio Nisticò, storico direttore del quotidiano di Palermo L’Ora prevista per venerdì 24 febbraio a Palermo, cui seguiranno altre presentazioni a Roma, Urbino e Bologna. Il lungometraggio ripercorre gli episodi più salienti del giornale, dal 1954 al 1975, quando della mafia siciliana veniva ancora negata l’esistenza e invece era già fatta di intrecci con la politica. E produceva morti anche fra i giornalisti di quella stessa testata. Quelli raccontati da Bellia ne La corsa de L’Ora sono gli anni in cui il giornale che aveva fatto della lotta alla mafia il suo perno centrale, era in grado di attirare le menti migliori del Paese, da Sciascia a Guttuso, da Dolci a Consolo. Il documentario è uno spaccato dell’Italia culturale di allora e non ha ricostruzioni, anche se la figura del direttore è affidata all’interpretazione dell’attore Pippo Delbono. “Pippo – afferma Bellia nella nostra videointervista che trovate a fine articolo – ha uno sguardo magnetico, quasi ipnotico. Per questo ho ritenuto che fosse l’attore più adatto”.
In quegli anni i giornali erano i punti di riferimento della classe culturale, rappresentavano lo spunto di discussione e consentivano lo scambio di pensieri. Erano in grado di raccontare la cronaca, di ospitare opinioni e di fare tendenza. Avevano una identità chiara e rappresentavano l’unico strumento per chi voleva informarsi e approfondire le proprie conoscenze. Basato su testimonianze e girato fra Roma e Palermo, La corsa de L’Ora è stato realizzato con fondi del Mibact, della Sicilia Film Commission ed è prodotto da Marvin Film e Demetra. Dove sarà proiettato? Bellia lancia un appello ai cinema d’essai e contemporaneamente strizza l’occhio alle emittenti televisive. “Il documentario d’autore – afferma il regista – deve essere sostenuto. Non è possibile che il servizio pubblico non destini uno spazio adeguato ai lavori di approfondimento. Si vedono bellissimi documentari storici, su cui non c’è nulla da dire, ma sarebbe ora che ci fosse un minimo di alternanza con i lavori più attuali”. Ecco la nostra videointervista ad Antonio Bellia: