Dieci minuti fitti di emozioni che sembrano le nostre e forse perché in realtà un po’ lo sono. A quale donna non è mai capitata “una giornata no con troppi pensieri”, una di quelle in cui vorrebbe soltanto starsene da sola, al buio, in una stanza vuota, seduta a terra con le ginocchia tra le gambe a non pensare a niente. E invece eccoti lì, ti sei alzata, sei andata a lavorare e fai del tuo meglio, anche se perdi lucidità a poco a poco, ma resisti, o almeno ci provi, stringi i pugni e fai ciò che devi fare. Come lavorare, e come andare in ospedale, per esempio, a vedere il tuo cancro a che punto sta. Ed è proprio questa la tua giornata no, quella del “controllo”, perché comunque sia andata e vada hai deciso sin da subito che non ti avrebbe fermata, che non avrebbe infranto i tuoi sogni, hai deciso di vivere, hai fatto la tua scelta… La scelta (The Choice) è il nuovo cortometraggio di Giuseppe Alessio Nuzzo che gronda sentimento come tutti i suoi film, lunghi o brevi che siano, da Lettere a mia figlia a Le verità fino a Il nome che mi hai sempre dato, e che, “ipnotizzato” di Cristina Donadio dal primo momento in cui l’ha vista, l’ha voluta e avuta come protagonista nel ruolo di se stessa in questo film breve che venerdì 30 agosto sarà in concorso a Venezia 76 in I Love GAI – Giovani Autori Italiani, appuntamento dedicato ai talenti under 40 durante la Mostra del Cinema.
Intensa come non mai Cristina Donadio, al cinema di recente con Il vizio della speranza e L’eroe, esplosa in TV nel 2016 con Gomorra 2 nelle vesti di Scianel che nella nostra videointervista definì “donna forte tra uomini forti”, fu proprio mentre girava la serie che scoprì il suo ospite inatteso e sgradito. Ne La scelta realtà e cinema si confondono e si sovrappongono, donna e attrice anche, è lei in primo piano, parrucca scura e sigaretta tra le dita, a guardare in camera mentre i pensieri corrono a voce alta e i ricordi affiorano a opacizzare la ragione e a riaccendere un’inquietudine di 25 anni fa, quando una zingara (Anna Brancati) le predisse che dalla vita avrebbe avuto grandi fortune e grandi sfortune. Ed è ancora lei che si strucca e va, dal camerino all’ospedale, mentre si sente “risucchiata al centro della terra”, e si imbatte in se stessa di quel tempo là (Gina Amarante) quando immaginava il futuro, la vecchiaia, la vita. E se a tratti vacilla, resta forte come Medea o Clitennestra, portate sul palcoscenico nella sua ricca carriera teatrale spesso preferita a quella cinematografica, ripetendosi che i giorni della vita “non sono diritti ma doni” e come tali vanno goduti. Cristina Donadio fa Cristina Donadio. E soprattutto ha fatto la sua scelta.
“Una vita, la sua, che mi ha guidato eticamente ed esteticamente a scrivere e dirigere una storia per il cinema – spiega Giuseppe Alessio Nuzzo – una favola moderna che fosse da esempio e sprono per tutti noi, me compreso: madre a sedici anni, il primo matrimonio a diciotto, il divorzio, il secondo matrimonio e l’incidente d’auto; a trentasette anni divorziata, vedova, mamma e nonna…
Quello che più mi ha dato forza e lucidità professionale nello scrivere è stata la storia di quando ha scoperto di avere il cancro, mentre girava la seconda stagione di Gomorra; Scianel l’ha aiutata a superare il grado emotivo della malattia avendo deciso, Cristina, di non dire nulla a nessuno, regista e produzione compresi, per non sottrarsi al suo personaggio, di curarsi durante le riprese e farlo nella sua terra. La scelta non rappresenta la messa in scena della storia di Cristina, è ispirata alla sua vita ma racconta di più, va oltre la singola esperienza, oltre i personaggi, i luoghi ed i tempi, per essere testamento di emozioni di tutti e per tutti”.