L’Arminuta in abruzzese vuol dire la ritornata. Ed è così che viene chiamata per tutto il film la ragazzina che dopo una vita vissuta tra comodità, amici e due genitori che su di lei riversavano tutto il loro amore, si ritrova restituita alla sua famiglia d’origine di cui non conosceva neanche l’esistenza, una famiglia povera, che vive in campagna, che parla in dialetto, una famiglia numerosa, così che le attenzioni per ognuno dei cinque figli sono suddivise e quindi scarse. Giuseppe Bonito porta sul grande schermo il romanzo di Donatella Di Pietrantonio vincitore del Premio Campiello 2017 e ci catapulta nel 1975. L’Arminuta è una tredicenne un po’ timida, ma al tempo stesso vivace, socievole e solare, educata, brava a scuola. Nessuno le chiede nulla, per lei decidono gli altri, e per circostanze che scopriremo più avanti nella storia, viene trasferita da un giorno all’altro da una ridente città di mare nelle campagne abruzzesi, tra persone che non conosce, eppure con loro ha un legame biologico di sangue. Sono quelle persone la sua famiglia vera: la madre, che si chiama solo così, la madre, la sorellina Adriana, con cui inaspettatamente l’arminuta ritrova immediatamente quel legame naturale e complice, e il fratello maggiore Vincenzo di cui subirà il fascino selvaggio. Il padre è un padre padrone e la madre, quella naturale, lo lascia fare. A lei però, all’arminuta, non la tocca mai, anzi, sembra quasi intimorito e intimidito da tanta grazia. E per tutto il tempo ci chiediamo perché non abbia sempre vissuto con loro condividendo un destino dal quale, suo malgrado, era stata affrancata.
Ad interpretare la piccola protagonista è una bravissima Sofia Fiore, capace di restituire al personaggio tutto lo spaesamento e il senso di perdita subiti, senza cadere nel drammatico. A dare vita alle due madri – quella sciatta che ha rinunciato alla figlia prima e quella più algida che lo farà dopo, pratica la prima ma sconcertata da un senso di colpa che non sospettava di avere, emancipata solo apparentemente la seconda, disposta al taglio doloroso di un cordone ombelicale acquisito sottostando al ricatto altrui – sono Vanessa Scalera, che presto rivedremo anche su Rai1 in Imma Tataranni, e Elena Lietti. Bravissima la piccola Carlotta De Leonardis a trasformarsi nella selvatica ma leale Adriana, e anche Andrea Fuorto a calarsi nei panni logori e insoddisfatti di Vincenzo. Così come è perfetto Fabrizio Ferracane nella parte di un padre duro perché così dev’essere in quella terra e in quegli anni.
“Ritengo che la regia sia la facoltà straordinaria di accedere alle vite sospese nell’attimo in cui le si racconta, la possibilità di poterle osservare, esplorare, approfondire, senza giudicare mai – dice Giuseppe Bonito – Per quel che mi riguarda nulla è predeterminato ma tutto è incontro, scoperta, ogni cosa accade mentre il film si realizza. Grazie al romanzo di Donatella Di Pietrantonio ho conosciuto questa ragazzina di tredici anni della quale non sapremo mai il nome, Il film, così come il romanzo, racconta un anno di vita di questa ragazzina alle soglie dell’adolescenza, un periodo che segnerà la sua vita per sempre, in cui sperimenterà il dolore e la durezza ma anche l’amore, la dolcezza e la bellezza a tratti feroce che la vita riserva. Mi piacerebbe che la narrazione restituisse soprattutto due cose: da un lato lo sguardo de l’Arminuta, che è testimone suo malgrado, e dall’altro il magma incandescente dei sentimenti laceranti che questa storia contiene. L’Arminuta affronta una delle paure più profonde di ogni individuo, quella di perdere le persone dalle quali dipende la propria felicità ed è anche il racconto del contrastotra il destino e la volontà dell’essere umano”. L’Arminuta arriva al cinema giovedì 21 ottobre dopo l’anteprima ad Alice nella Città, rassegna parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma, dove ho incontrato le due madri, ecco le videointerviste a Vanessa Scalera e a Elena Lietti: