Si chiamano Porpora, Nicole, Sofia, Veet Sandeh, Mizia, Massimina, Mina e Antonia, ma chiamatele pure Le Favolose… Roberta Torre porta sul grande schermo il mondo scintillante, magico e al tempo stesso malinconico, e per questo affacinante, dell’universo trans, raccontando, tra reale e irreale, la storia delle otto protagoniste del suo nuovo film attraverso i loro ricordi, alcuni divertenti, altri profondamente tristi che escono le lacrime soltanto a ripensarci. Ricordi di feste, costumi colorati e notti brave, ma anche di solitudine, rifiuto, abbandono familiare, violenze. Tutti, o quasi, condivisi, così come il grande armadio/astronave davanti al quale le amiche di sempre si ritrovano a tirar fuori cimeli di gioventù, risate e rimpianti.
Il pretesto cinematografico è la morte di una di loro, Antonia, sepolta con un abito da uomo dalla famiglia che fino all’ultimo ha negato la sua natura. Antonia è morta anni prima, ma soltanto ora è tornata in sogno a Porpora che ha chiamato a raccolta le altre per cercare di risolvere la cosa. Inoltre c’è la lettura collettiva di una lettera ritrovata da Nicole nella quale Antonia aveva scritto le sue ultime volontà, stabilito a chi, tra loro, lasciare le proprie cose e, soprattutto, con quale vestito doveva essere sepolta, quello verde cangiante che peraltro le avevano regalato proprio le sue amiche. Ma chissà che fine aveva fatto quella lettera nella confusione di quel mondo colorato e complesso… fatto sta che ormai tutti i suoi averi non ci sono più da tempo e lei è là sotto con indosso pantaloni, giacca e cravatta. Troppo tardi? No, se fai una seduta spiritica e riesci a cambiare le cose…
Le Favolose, presentato in apertura delle Notti veneziane alle Giornate degli Autori, e al cinema come evento speciale dal 5 al 7 settembre, è un film decisamente particolare che probabilmente solo una regista come Roberta Torre avrebbe potuto confezionare in questo modo, così surreale e potente nella sua forma onirica, eppure così vero. Porpora, Nicole, Sofia, Veet Sandeh, Mizia, Massimina, Mina e Antonia recitano quando c’è da farlo, ma sono loro in tutto e per tutto quando si raccontano, mettendosi in gioco e a nudo, in alcuni casi nel senso più letterale del termine.
Si definisce “una ribelle, irriducibile sognatrice” Porpora Marcasciano, campana, sessantacinque anni, attivista storica del movimento LGBT, attualmente Presidente della Commissione per le Pari Opportunità del comune di Bologna, autrice di diversi saggi sul movimento LGBT italiano, nel 2016 premiata da Amnesty International come inestimabile patrimonio per il movimento per la tutela dei diritti umani e nel 2021 inserita dall’ONU tra le sette attiviste trans nel mondo. “Con Roberta Torre ci siamo cercate e ci siamo trovate – racconta – ci siamo osservate, scrutate, interrogate per un tempo molto più lungo di quello riservato alle riprese ma sufficientemente necessario per mettere a fuoco l’oggetto, quello dell’esperienza trans, estremamente delicato. In molti e con diversi approcci o punti di vista, si sono cimentati a maneggiare materiali, documenti, soprattutto vita, la nuda vita di persone vittime di un pregiudizio antico a causa del quale pagano un prezzo altissimo. La fatica e il divertimento durante le riprese hanno costruito quella ‘comunità favolosa’ tra noi protagoniste nella vita e sul set e tra noi la maestra e il suo staff. In quel momento noi tutte abbiamo capito e percepito che quello che stavamo facendo era un’esperienza unica, che avrebbe lasciato un segno. Ci guardavamo, ci leggevamo dentro e, favolose, sorridevamo. Sono certa che quegli sguardi e quei sorrisi, insieme a una nuova consapevolezza, attraverseranno anche il pubblico con cui entreremo in contatto”.
“La mia vita è stata da un lato abbastanza divertente, ma dall’altro molto tenebrosa” dice Nicole, pugliese, un anno in meno di Porpora, anche lei attivista del mondo LGBT e attuale presidentessa del MIT (Movimento Identità Trans) di Bologna, nonché artista della recitazione: tanti i registi e gli attori con cui ha lavorato nel corso della sua carriera, da Branciaroli ad Armando Pugliese, da Matteo Garrone ad Alessandro D’Alatri, fino ad oggi con Roberta Torre con cui ha girato anche il nuovo film Mi fanno male i capelli a fianco di Alba Rohrwacher e Filippo Timi. Non si è fatta mancare neanche il doppiaggio: sua la voce di Caitlyn Jenner nel documentario di Netflix Untold Caitlyn. “Tutti mi conoscono come la Papessa. Qui sono la più piccola” dice Sofia, una vaga somiglianza con Michelle Pfeiffer, avellinese ma bolognese d’adozione, attivista LGBTQIA Plus, anche lei cantante, attrice, artista e, soprattutto, eternamente giovane.
“Il mio corpo è un atto politico. Ogni qualvolta esco di casa mi espongo al giudizio, alla critica e alla violenza” dice di sé Veet Sandeh, al secolo Alessia Calogero, catanese trasferita a Torino nel 1979 dopo essere stata cacciata da casa con il fucile puntato. Nell’81 inizia il suo percorso di transizione e diventa subito presidente del MIT Movimento Italiano Transessuali. La prostituzione non era il suo sogno per realizzarsi, ma, come racconta nel film anche Porpora, all’epoca era l’unica risorsa di sopravvivenza per le persone T, ma a lei il mestiere non piaceva e per farcela si faceva di eroina. Entra in comunità, se ne va in India, lavora nel mondo della musica, realizza il docudrama Metamorfosi 33 dove si apre alla nuova visione di sé stessa. Attivista a fasi alterne, ha fondato l’associazione Sunderam Identità Transgender Torino. Ne Le Favolose Il suo racconto della violenza subita da quattro uomini è agghiacciante.
“Una terra di mezzo, da sempre” è invece come si sente Mizia, piemontese, classe 1958, scrive da sempre. E suona. Nel 79 ha pure imperversato come grezza punkettara sul palco del Palalido di Milano per Rock & Metropoli. Da pensionata, ha attraversato sonicamente il Purgatorio di Dante e Fever di Sarah Kane.
“Et voilà. La regina della festa eccola qua” esordisce Massimina: romana del 68, vive a Nettuno tra campagna e mare, cucina, legge, cura le sue piante e i gatti della colonia felina di Anzio. Dopo tante lotte, oggi si reputa una persona risolta e felice. “Il giorno che morirò avrò un sacco di rimpianti, di sogni insoddisfatti, e di questioni lasciate in sospeso” avverte Mina, artista visiva, perfomer e modella. Nata a Granada, vive a Parigi dove prepara il duetto di danza Dioscures che sarà presentato in anteprima al Marseille Klap Festival nel 2023, e un’installazione visiva intitolata El Lugar y el Mito che in ottobre debutterà al Teatro Nazionale Classico di Madrid. Ne Le Favolose è al suo debutto da attrice.
E infine lei, da cui tutto, ne Le Favolose, paradossalmente nasce. “L’aldilà invecchia, il tempo passa e neanche la morte lo può fermare” dice Antonia, campana di Bacoli, sessant’anni nel corso dei quali è stata costumista e scenografa, PR e art director per le più importanti discoteche italiane, e attrice: Mario Martone l’ha diretta in Otello di Verdi, Coltelli nel cuore, L’odore del sangue e Woyzeck di Georg Buchner.
“Antonia rappresenta tutte le persone trans che hanno perso la battaglia del riconoscimento della propria identità nel momento della loro morte – dice Roberta Torre – Questo film è un contributo alla ricerca della libertà, un inno a chi fa della propria vita un percorso libero, con forza, coraggio, lacrime, gioia, nonostante tutto“.