Una storia senza tempo e al tempo stesso incastonata, scena per scena, inserto dopo inserto, nella storia del Novecento. Quasi dieci minuti di applausi ieri sera a Venezia 76 per Martin Eden di Pietro Marcello con un fantastico Luca Marinelli, secondo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema e da mercoledì 4 settembre in sala, tratto e ispirato nel racconto all’omonimo romanzo di Jack London del 1909, ma trasportato dalla californiana Oakland a Napoli: “abbiamo fatto una liberissima trasposizione a Napoli perché una città tollerante e accogliente e dove ho girato i miei primi film – ha spiegato il regista alla conferenza stampa di cui trovate il video a fine articolo – parlando di riscatto tutti dobbiamo riscattare e anche Napoli si potrà riscattare attraverso i giovani, la cultura, l’emancipazione”. Siamo – o forse no – nel 1920, almeno all’inizio, almeno secondo le immagini di repertorio che aprono il film con l’anarchico Errico Malatesta al primo maggio di quell’anno: “si tratta di materiale d’archivio miei e di repertorio – rivela ancora Pietro Marcello – c’è bisogno dei repertori per raccontare la grande storia, quella del 900, e Malatesta era il riferimento di inizio secolo del volontarismo etico e anarco socialista per eccellenza”. E gli inserti si susseguono quasi a dividere la storia per capitoli, suggestive ed evocative immagini di un’umanità pazzesca e poi di un vascello che lentamente, di volta in volta, affonda. Ma come si diceva, il tempo fluttua e confonde il pubblico in questo Martin Eden in cui molte le ricostruzioni storiche sembrano non combaciare, dallo stile degli abiti alla televisione, dalle automobili alla colonna sonora che spazia dal classico al pop (c’è pure Teresa De Sio), ma è questo il tocco magico: raccontare il Novecento ad arte, in modo cioè autonomo, libero, unico. Immagini che trasportano letteralmente dentro al film e una volta lì non ti chiedi neanche più come fa un marinaio napoletano a chiamarsi Martin Eden: “in Martin Eden ho trovato la storia universale di un ragazzo che diventa uomo – dice Pietro Marcello – e che si emargina attraverso la cultura, è la storia di Jack London ed è la storia di tutti noi”.
Martin Eden è povero e ignorante, balla alle feste di paese e fa l’amore di notte su una barca con la cameriera del bar della piazza (Denise Sardisco). Ma al mattino dopo salva dalle mani rozze di un guardiano un rampollo dell’alta società e da lì inizia la sua ascesa e la sua distruzione. Martin conosce la sorella del ragazzo che, a differenza del romanzo non si chiama Ruth ma Elena (Jessica Cressy), bella, colta e raffinata, perde la testa, arriva a dirle che vuole diventare come “loro”, pensare come “loro”: “Elena è un personaggio imprigionato dalla sua classe – spiega Jessica Cressy (Domani è un altro giorno) – e ha le sue visioni e opinioni su cos’è la letteratura, cos’è la vita, e ha i suoi modi di fare, e secondo me oggi si ritrova il problema non più tra classi ma magari tra gli estremismi religiosi…” All’inizio da questa passione prenderà la forza e la determinazione per istruirsi ed emanciparsi – perché la cultura spazza via la povertà come fa il pane quando fai la scarpetta nel sugo – interessandosi persino di politica grazie a Russ Brissenden, uno “stranissimo mentore che cerca di intervenire alla fine quando vede che l’individualismo eccessivo può indurre Martin Eden a una fine tragica” dice Carlo Cecchi che lo interpreta. Come un vero e proprio enfant prodige Martin brucia le tappe e da semianalfabeta sgrammaticato diventa uno scrittore raggiungendo il suo obiettivo e cioè pubblicare i suoi racconti su L’Eroica, la rivista futurista degli anni venti e quaranta (dove, per dire, scrisse anche Elsa Morante). Con il tempo però verrà sopraffatto da tutto questo e l’emancipazione trasformatasi in ambizione, il successo, il compromesso tra l’essere e il volere, lo porteranno all’autodistruzione. Non poteva essere nessun altro ad interpretarlo – pensi subito dopo aver visto il film – se non Luca Marinelli, con la sua aria tormentata e passionale, lo sguardo grande e azzurro, sempre tra il malinconico e il rabbioso, la sua magia nel trasformarsi e nel diventare il personaggio che non si distingue più dall’attore: “Martin Eden è un avventuriero che affronta la vita come Jack London – dice Luca Marinelli – un po’ un mio archetipo, come questi scrittori che volevano arricchirsi, toccare con mano, muovendosi, vedendo, viaggiando, e sempre con uno sguardo aperto sulla realtà che li circondava, e Martin Eden è questo, un ragazzo che viene colpito dalla fascinazione della cultura, attraverso quella riscattarsi ma trova qualcosa che non si aspettava e che lo delude, fino a perdersi. È stato un lavoro che abbiamo fatto insieme io e Pietro Marcello che mi ha fatto leggere questo libro, ed ero molto emozionato perché dopo la visione di Bella e perduta ricordo le mie lacrime e il mio forte desiderio che mi chiamasse. Lavorare con Pietro era sempre un dialogo attivo tra anime…” Ecco la videosintesi della conferenza stampa con Pietro Marcello, Luca Marinelli, Carlo Cecchi e Jassica Cressy: