Se promettete la Luna alla donna che amate, pensateci bene perché poi gliela dovete comprare per davvero. Soprattutto se siete sardi perché i sardi le promesse le mantengono, anche a costo di tirarsi dietro l’ira degli americani… Il cagliaritano Paolo Zucca (L’arbitro) porta sul grande schermo L’Uomo che comprò la Luna, un film surreale e ironico con Jacopo Cullin, Francesco Pannofino, Stefano Fresi (al cinema anche in Ma cosa ci dice il cervello), Benito Urgu, Lazar Ristovski e Angela Molina, che dopo aver fatto fortuna nei cinema in Sardegna con sole 10 copie, sbarca nel resto d’Italia con Indigo Film e con presentazioni accompagnate da regista, cast e sceneggiatori, a cominciare da giovedì 2 maggio a Roma. Scritto dallo stesso regista assieme a Barbara Alberti e a Geppi Cucciari, L’Uomo che comprò la Luna racconta di una tal Agenzia del Nord addetta alla sicurezza euroatlantica, rappresentata da due agenti segreti decisamente stereotipati di nome Pino e Dino interpretati da Stefano Fresi e Francesco Pannofino i quali, saputo da una soffiata americana che qualcuno sull’isola si è comprato la Luna, decidono di ingaggiare un soldato, interpretato da Jacopo Cullin (La stoffa dei sogni), che si finge milanese facendosi chiamare Kevin Pirelli, mentre è sardo al cento per cento: il suo vero nome è infatti Gavino Zoccheddu e anche se ha rifiutato per motivi ben precisi le sue radici dimenticando le caratteristiche fondamentali della Sardità, i due 007 di casa nostra gliele faranno tornare alla memoria mandandolo a lezione da Badore, un sardo doc dal passato oscuro che usa metodi di addestramento molto personali e al quale dà vita Benito Urgu. L’obiettivo è di spedirlo in Sardegna a individuare l’audace acquirente dell’astro d’argento e, ovviamente, eliminarlo visto che gli americani rivendicano la proprietà della Luna per avervi messo piede per primi piantandoci pure la bandiera a stelle e strisce nel lontano 1969. Ma non sapendo che tutti gli altri quando muoiono vanno nell’aldilà, mentre i sardi vanno sulla Luna dove, per esempio, è possibile incontrare i grandi eroi sardi come Antonio Gramsci “piccolo come un bambino, grande come un pensiero” spiega il mentore a Kevin/Gavino, così come Eleonora giudichessa di Arborea, Grazia Deledda e molti altri sardi di nobili principi.
“L’Uomo che comprò la Luna racconta della crescita interiore di un eroe sui generis e del suo viaggio picaresco verso la scoperta e la riappropriazione di una cultura, di una storia e di un sistema di valori altri – dice Paolo Zucca – Lo spunto drammaturgico di fondo nasce da un trafiletto di giornale che raccontava della vendita di lotti sulla Luna da parte di una società americana. A poche centinaia di metri dalla mia casa, sulla costa occidentale sarda, si adagia sul mare una grande distesa di roccia calcarea, bianchissima e piena di crateri, proprio come la Luna. Così ho immaginato che la Luna fosse anche mia. E di tutti i poeti, soprattutto. In un secondo momento, dopo aver scoperto quali sorprese si nascondono tra le pieghe del diritto internazionale in materia di spazio e corpi celesti, ho trovato la chiave di volta dell’intreccio, che ha così assunto, nella sua apparente assurdità, anche un fondamento di tipo legale e politico, oltre che metaforico”.
L’intento di divertire il pubblico voluto dal regista riesce soprattutto nella prima parte del film quando incontriamo Pino e Dino e quando loro, a loro volta, loro trovano Kevin. Esilaranti anche alcune scene dell’addestramento di quest’ultimo alla sardità ad opera di Badore, come l’ironia contro stereotipi e pregiudizi, e scene che ricordano molto le comiche e gli sketch di una volta. Poi la storia si appiattisce un po’, il film rallenta, in particolare nell’incontro di Kevin, ormai completamente Gavino, con i suoi conterranei, per tornare a riaccalappiare l’attenzione mentre si avvia al finale. Il tema però resta originale e interessante nel modo in cui viene trattato e la faccia dell’asino che non si sposta dalla strada per lasciar passare la macchina che in realtà avrebbe tutto lo spazio per farlo e anche di più, non si può dimenticare.