Sono fan dei Maneskin. Lo dico subito. A scanso di equivoci. Fan di questi ragazzi che la natura ha di certo dotato di grande talento per la musica e per la scena, ma che di questo talento hanno saputo sin da subito cosa fare, coltivandolo, facendo le scelte giuste, scrivendo pezzi interessanti, uno più bello dell’altro, dove non si parla di sole, di mare, di amore e di cuore, ma di vita, e dove raccontano sè stessi e le loro idee, senza risparmiarsi, senza timidezze, insomma, non le mandano a dire, ma le dicono e basta. E raccontano anche storie di deboli e di incompresi, e facendolo da dentro. Magia che commuove e tocca il cuore. E poi la passione, il sesso, la sensualità e la sfrontatezza, del resto il rock a vent’anni cos’altro può essere?
Così ieri sera me la sono proprio goduta la seconda data dei Maneskin allo Stadio Olimpico di Roma, la loro città, e pure la mia, pieno di 65mila persone, e non tutte tutte di vent’anni. C’erano mamme e papà ad accompagnare figli e figlie adolescenti (brave, ragazze!), e pure più piccole, ma c’erano anche adulti da soli, coppie di una certa, e naturalmente tanti ragazzi. Nella carica del concerto c’era tutta la loro soddisfazione nell’essere finalmente riusciti a conquistare tutti e a far evverare il sogno di suonare negli Stadi.
Azzeccatissima la scaletta del concerto durato due ore abbondanti, sulla quale di solito si ha sempre qualcosa da dire. Damiano, Victoria, Ethan e Thomas sono partiti alla grande con Don’t wanna sleep, e poi Gossip (la mia preferita del momento ma assieme ad almeno altre tre), Chosen che ce li ha fatti amare subito in quell’X Factor di un ormai lontanissimo 2017 e che ha dato il titolo al loro primo Ep; e poi Own my mind, Supermodel e Le parole lontane. Si riprende tra il caldo caldissimo e le grida dei fan con Baby Said, Bla bla bla e, ancora da Chosen, con Beggin, la bellissima e personalissima cover dei Four Season. Arrivano anche Kool Kids e Gasoline, scritta all’invasione russa dell’Ucraina. Non mancano le ballate – e come potrebbero – che diventano dita che affondano nell’anima con la voce unica e strafottente di Damiano e in parte in modalità acustica: The Loneliest, Timezone, Coraline, Torna a casa, Vent’anni…
Parole poche, e solo da Damiano, che pronuncia frasi colorite come “che cazzo di caldo” – e come dargli torto? – “facciamo un cazzo di casino!” e il consueto ringraziamento ai fantastici tre della sua band “perché io sono vanitoso” spiega poco prima di intonare a cappella Iron Sky di Paolo Nutini che riempie di brividi lo stadio. Poi il bagno di folla dei ragazzi, avanzati sulla piattaforma allungata e motorizzata creata apposta per loro, scendono tra i fan, sono cose che piacciono e loro lo sanno, e poi i fan che salgono da loro. E le fiamme, mai opportune com in questo concerto di fuoco e fiamme, lungo tutto il palco, sotto e pure sopra.
I due megaschermi laterali li inquadrano uno ad uni nel loro momenti migliori, e sarà stato difficile capire quali. Sempre più carismatico il frontman vestito solo dei suoi tatuaggi dopo che la camicia scura e velata è scivolata via con il sudore, tenuti invece i pantaloni gessati; sexy come sempre Victoria in miniabito nero stringato, pantaloni di pelle – che coraggio… – per Thomas e Ethan. Il bis è affidato a The loneliest e I wanna be your slave, poi i saluti con il Damiano pensiero: “ci vediamo a Milano, e a fanculo chi ce vole male!”. Grazie per la serata ragazzi, spero di rivedervi presto.
Reduci dal Loud Kids Tour che li ha portati per la prima volta a esibirsi nei palazzetti europei, e dopo le due date capitoline che per la prima volta li hanno visti, appunto, in un grande impianto sportivo, lunedì e martedì 24 e 25 luglio i Maneskin suoneranno allo Stadio di San Siro di Milano, altre due date sold out, sempre prodotte e organizzate da Vivo Concerti, mentre il 3 settembre partiranno per il Rush! World Tour tra Europa, Canada, Stati Uniti, Sud America, Australia, Giappone. Non perdeteli, se potete. E se non potete, fate in modo di potere. Intanto, una breve videosintesi del concerto dei Maneskin di ieri: