Da giovedì 25 gennaio al cinema uno dei film più attesi del 2023: Povere creature! di Yorgos Lanthimos, premiato con il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia e ora anche con il Golden Globe per il Miglior film nella categoria Comedy. Anche la protagonista assoluta del film, Emma Stone, è stata premiata con il Golden Globe per la Migliore interpretazione femminile, e ora Bella Baxter e Povere creature! procedono a passi marziali verso la notte degli Oscar.
Prima di proseguire con una qualunque forma di recensione, non possiamo non sottolineare un dato niente affatto scontato. Fin dagli esordi, il cineasta greco Yorgos Lanthimos ha infatti intrapreso una direzione precisa. Ispirato dal Teatro dell’assurdo di Eugéne Ionesco e Samuel Beckett, il Teatro della crudeltà di Antonin Artaud, l’idea di distanziamento e straniamento teorizzata nel Teatro epico di Bertolt Brecht, l’immaginario di Yorgos Lanthimos rifiuta evidentemente l’idea romantica del dramma borghese in favore delle categorie junghiane come l’abnorme e l’assurdo, procedendo, film dopo film, a una rilettura contemporanea della farsa grottesca, mentre la deformazione iperrealista di trama, intreccio e personaggi si tramuta nella ricerca sistematica delle verità più scomode e più crude negli intimi recessi della natura umana.
Dell’Antologia dello Humour Nero di André Breton, Lanthimos sembra poi rielaborare e riscrivere una delle premesse fondamentali del Movimento Surrealista: l’arte deve sfidare il senso della decenza borghese e il comune senso decoro, perché solo così, ponendo gli spettatori in una condizione di disagio, diventa possibile oltrepassare la coltre del pregiudizio, la selva di sovrastrutture ideologiche e culturali per toccare gli spettatori a un livello più profondo della coscienza, e forse, fosse anche solo per un attimo, perfino a livello dell’inconscio. Per farla breve, non sono certo queste le premesse più ovvie per un film commerciale, destinato a lauti incassi. E fino a pochissimi anni fa, sarebbe stato impensabile trovare un autore come Lanthimos sul red carpet degli Oscar o dei Golden Globe, già che un’opera come Poor Things avrebbe vissuto naturalmente nel circuito della cinematografia indipendente e underground.
Il successo, la notorietà che spetta oggi giustamente a Povere creature! racconta quindi anzitutto una nuova era del Cinema, e soprattutto una nuova generazione di spettatori – forti di una conoscenza più consapevole della Storia del Cinema – che hanno smesso o stanno progressivamente smettendo di percepire Cinema d’autore e Cinema commerciale come due realtà distinte e irriducibili, separate da una cortina di ferro, un fossato, due schiere di guardie armate e possibilmente una recinzione elettrificata ad altissimo voltaggio. Ed è così che con la nuova stagione cinematografica irrompe sulla scena internazionale una protagonista femminile che non somiglia a nulla di quanto possiate aver già visto nella vostra vita di spettatori cinematografici: Bella Baxter. Nella traduzione per il grande schermo del romanzo Povere creature! di Alasdair Gray, Lanthimos ed Emma Stone sembrano aver scelto deliberatamente di tralasciare le categorie solite come commedia e dramma, eroina e antagonista, buoni e cattivi, scegliendo piuttosto di sfidare le nostre idee preconcette di volgarità ed eleganza, stupidità e intelligenza, e su tutto l’idea di amore come abnegazione totale, sottomissione e possesso.
Per quanto la bandiera del femminismo sia stata evocata molto più dalla critica che dagli stessi autori, Bella Baxter è praticamente il sogno della Feminist Film Theory incarnato. Contemporaneamente madre e figlia di sé stessa, padrona assoluta della sua sessualità, della sua vitalità e il suo destino, come un occhio sgranato sul mondo, sceglierà ostinatamente l’avventura, la curiosità morbosa verso le persone e l’universo, contro ogni tentativo di uomini, fidanzati, mariti e figure paterne di farne una bestia addomesticata, prigioniera felice, rinchiusa nel tepore dell’amore e della sicurezza. Bella infatti non è un essere naturale, ma la creazione di un freak, ad opera di un Mad Doctor a sua volta oggetto di interminabili sperimentazioni medico chirurgiche: Godwin Baxter, interpretato da un grandioso Willem Defoe. Baxter aveva casualmente sorpreso questa donna sconosciuta, in avanzato stato di gravidanza, nel momento stesso del suicidio. Recuperato il suo corpo nel fiume, per riportarla alla vita ha poi utilizzato il cervello del bambino che portava in grembo. La sua creatura, che prenderà il nome di Bella Baxter, possiederà così il corpo, la sessualità e i desideri di una donna adulta e il cervello di un infante, cosa che la renderà assolutamente nuova alla vita, come se il mondo intero rappresentasse uno spettacolo e un mistero da scoprire.
Per tenere Bella sempre con sé, Godwin Baxter deciderà quindi che vada in sposa al suo assistente Max McCandless (Ramy Youssef), perdutamente innamorato di lei. L’infido avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), incaricato di redigere il contratto prematrimoniale, sarà però rapido a profittare dell’innata curiosità di Bella, proponendole un’avventurosa fuga in giro per l’Europa. I furiosi sobbalzi, così li chiama Bella mentre scopre finalmente le gioie del sesso, finiranno per far innamorare il donnaiolo, che diventa sempre più geloso e possessivo. Mentre, al contrario, Bella perde rapidamente interesse, preferendo soddisfare le sue curiosità e i suoi istinti che non conformarsi alle aspettative e le pretese di quest’uomo egocentrico e insicuro. Il mito di Frankenstein volge così al femminile. E come ha sottolineato lo stesso Willem Dafoe in conferenza stampa a Roma, si riempie di sentimenti, già che rispetto al romanzo gotico scritto da Mary Shelley tra il 1816 e il 1817, il Dottore prova nei confronti della creatura un profondo sentimento di amore.
Se la premessa fondamentale della Feminist Film Theory, tracciata da Laura Mulvey nel 1975 con il saggio Piacere visivo e cinema narrativo, è proprio che nel Cinema moderno i personaggi femminili siano sempre figure subalterne, soggetti passivi e oggetti dello sguardo maschile, Bella Baxter si impone come un personaggio rivoluzionario. Prima ancora che nella trama, le caratteristiche e la psicologia del personaggio, Povere creature! trova infatti la sua carica eversiva nel punto di vista di Bella, spirito che muove l’azione, la macchina da presa e il microcosmo che si rivela ai nostri occhi. Mai oggetto, ma sempre soggetto attivo, unica titolare di uno sguardo che non si arrende alla crudeltà e al cinismo, neanche di fronte alla prova inequivocabile della brutalità insita nel genere umano, fino all’ultimo fotogramma Bella non perderà la sua fede nel progresso, inteso come costante evoluzione dell’individuo impegnato a conoscere la propria imperfezione per migliorare incessantemente sé stesso. E diventa così la protagonista, il cuore pulsante di un film che resta comunque corale, strutturato per raccontare un eterogeneo ensemble di allievi e maestri, reietti e criminali, mostri e prostitute.
Naturalmente, mentre il film registra il plauso unanime della critica internazionale, una parte di quella italiana non ha mancato di scagliarsi contro Lanthimos, vittima della stessa acredine riservata a Greta Gerwig per Barbie e ad Emerald Fennell per Saltburn. Ma, a quanto pare, il successo, per una parte della critica nostrana, è una colpa difficile, forse impossibile da espiare, mentre tutte le questioni legate al genere e all’emancipazione femminile rischiano di eclissare totalmente l’analisi filmica e forse il film stesso. Senza proiettare né in positivo né in negativo un’interpretazione ideologica, quello che resta è un film di una bellezza perturbante, ambientato tra la Londra vittoriana e la Parigi capitale del XIX secolo, scenario di un passato immaginario, fortemente allegorico, destinato naturalmente a parlare al presente. La bellezza lussureggiante delle immagini, delle scene e dei costumi, non esclude fulminee incursioni nell’orrore, tanto che il film si nega a qualunque definizione di genere, che sia horror, commedia o melodramma, ma soprattutto si nega a qualunque forma di morale e moralismo.
E così, dopo il successo di The Lobster e La favorita, il cinema di Yorgos Lanthimos si conferma ancora una volta come grande anomalia dello spettacolo contemporaneo. Un’anomalia che, naturalmente, vi consigliamo di scoprire, già che Povere creature! regala 141 minuti di sensazioni imprevedibili e contrastanti, dalle risate al disgusto, dal turbamento all’incanto, fino alla più assoluta fascinazione per una creatura che è la metafora di una liberazione che non ha genere, ma racconta semplicemente il rifiuto dell’ipocrisia e le convenzioni in favore della più assoluta, radicale libertà. Il nostro videoincontro con Willem Dafoe e Emma Stone che presenta Bella Baxter: